Continua la nostra breve, ma intensa serie di saggi sui personaggi “classici” del cinema horror, tra originali, imitazioni e parodie. Oggi ci occupiamo di alcune varianti, tipicamente “italiane”, di Dracula.
(di Walter De Stradis) L’idea del “succhia-sangue” come essere che vive alle spalle degli altri e soprattutto della società, seppur insita nella stessa natura folcloristica alla base del personaggio letterario di Dracula (nonché dei suoi predecessori: Lord Ruthven, Carmilla, sir Varney etc.), è un aspetto che nell’immaginario popolare si è sedimentato negli anni, non a caso portando a film, esemplari come …Hanno cambiato faccia. Si tratta di un’interessantissima pellicola italiana del 1971, diretta da Corrado Faina, che è una pressoché perfetta rivisitazione/parafrasi del romanzo originale di Dracula. Il “vampiro” del film, è un incredibile Adolfo Celi (che magari molti ricordano solo come il prof. Sassaroli di “Amici Miei”), che qui si chiama “Nosferatu” di cognome e … “Giovanni” (!) di nome: un magnate dell’industria non-morto (agghiacciante la scena in cui il “Jonathan Harker” del film scopre la sua cripta), privo di canini, se non dal punto di vista metaforico, che tuttavia ordisce alle spalle della società una manovra che piacerebbe tantissimo agli odierni seguaci delle teorie del complotto e relativi scrittori alla David Icke: controllare ogni aspetto ed evoluzione dell’economia e della politica, compresi i suoi leader, che in questo film vengono letteralmente “allevati” nella culla. Per il resto, i riferimenti a Murnau e a Stoker qui si confondono abilmente nella angosciante nebbia delle Langhe, con tanto di contadini terrorizzati, paesini e chiese diroccate, crocifissi obliqui, tipici dei film draculeschi veri e propri.

Ma gli esempi in questo senso potrebbero essere molteplici: il quasi coevo “I Satanici riti di Dracula” (ennesimo film vampiresco della inglese Hammer, per la regia di Alan Gibson), mostra anch’esso un Re dei Non-Morti (uno svogliatissimo Christopher Lee, al suo ultimo ruolo da succhia-sangue per la nota casa di produzione britannica), divenuto capitano d’industria nella modernità (in questo caso gli Anni Settanta del Ventesimo Secolo). Toccherà ancora una volta al vampirologo per eccellenza, il professor Van Helsing (o meglio, a suo nipote, che porta avanti la “tradizione” di famiglia, ma che è sempre e comunque interpretato dal mitico Peter Cushing) cercare di ostacolare i piani distruttivi, questa volta su scala planetaria, del Conte Dracula.
Ma c’è di più.
Persino la Commedia sexy all’Italiana, a un certo punto, sembra voler dire la sua sull’argomento, calando il suo asso migliore: Lando Buzzanca (che aveva già parodiato 007 coi suoi due film di “James Tont”). E’ infatti il 1975 quando esce lo scollacciato, ma a tratti divertente, “Il cav. Costante Nicosia demoniaco ovvero: Dracula in Brianza”, un film del maestro artigiano Lucio Fulci (che di lì a qualche anno darà vita a un nugolo di leggendari capitoli di autentico orrore italico impresso su pellicola, a cominciare dal riuscitissimo “Zombi 2”), ove l’inossidabile “homo heroticus” del cinema nostrano ha la sventura di imbattersi proprio nel Re dei Vampiri (che qui si chiama “Conte Dragulescu” ed è interpretato dal veterano John Steiner). Per farla molto breve, il nostro protagonista, che è un industrialotto brianzolo con palesi origini siciliane, a causa di una sbornia si ritrova involontariamente nel letto del non-morto transilvano, e di conseguenza inizia a sentirsi “strano”. Teme infatti di essere divenuto gay (siamo pur sempre in una storia con Buzzanca!) e invece scopre, ovviamente, di essere diventato “semplicemente” un vampiro. Risultato? Dopo le abituali e prevedibili dinamiche di natura stra-paesana, compreso un consulto con l’irresistibile Mago di Noto (Ciccio Ingrassia, che quell’anno era abbastanza in palla con l’esoterismo, si pensi al contemporaneo “L’Esorciccio”), il Cav. (!) Nicosia si decide ad allestire una opportuna “emeroteca” in fabbrichetta, spingendo i suoi operai a donargli “spontaneamente” il loro sangue, in virtù di un inedito “compromesso sanguigno”. Più chiaro di così.
E non è certo un caso, a conti fatti, se la trovata alla base di “…Hanno cambiato faccia” (e degli altri film citati) non sia tanto diversa anche da quella adoperata nel molto successivo “La leggenda del Cacciatore di Vampiri” (2012, regia di Timur Bekmambetov), in cui si narra di un Abramo Lincoln (qui interpretato da Benjamin Walker che, con trucco e parrucco, assomiglia più a Liam Neeson che al celeberrimo Presidente Usa!) che combatte i veri fautori e sostenitori del sistema schiavistico al centro della Guerra di Secessione. Indovinate un po’? I Non-Morti.
Tornando all’Adolfo Celi protagonista del film di Faina, il grande attore dagli inconfondibili capelli candidi (scomparso nel 1986, ma sorge il dubbio che non sia mai stato giovane!) vantava una discreta frequentazione dei film gialli/horror di matrice letteraria, se si considerano almeno titoli come “I terrificanti delitti degli assassini della via Morgue” (in cui interpreta una versione fantasiosa dell’ispettore Vidocq, personaggio realmente esistito, qui chiamato a indagare su un caso che ricorda molto più l’intreccio de “Il Fantasma dell’Opera”, che la storia originale, richiamata nel titolo, scritta da Edgar Allan Poe), e il fiacchissimo “…e poi, non ne rimase nessuno”, basato sul romanzo “Dieci piccoli indiani” (1939) di Agatha Christie. Come se non bastasse, Adolfo Celi ha fatto parte anche della galleria di “cattivi” bondiani, interpretando il perfido Mr. Largo in “Agente 007 – Thunderball (Operazione tuono)”, personaggio che poi darà la stura a tutta una serie di “villain” similari che il Nostro interpreterà nei cosiddetti “Jamesbondoni” o “Euro-spy” successivi (vale a dire lungometraggi europei d’imitazione, usciti negli anni Sessanta, quasi sempre di co-produzione italiana), ma anche certamente al Valmont che si oppone a quel Diabolik protagonista dell’omonimo, rutilante film di Mario Bava, solo molto liberamente tratto dal fumetto delle sorelle Giussani (e che pertanto si può considerare un “Jamesbondone” a tutti gli effetti).