È una delle ricercatrici più importanti del mondo, nonché prima donna alla guida del Cern (organizzazione europea per la ricerca nucleare) di Ginevra. Stiamo parlando di Fabiola Gianotti, la fisica italiana che ha scoperto il Bosone di Higgs e altri segreti dei meccanismi dell’universo. Non tutti sanno però, che questa mente eccelsa è anche un’appassionata di cinema, musica, danza, e non ci rinuncerebbe per niente al mondo. Come ha dichiarato lei stessa in occasione della presentazione del “ritratto” che Raitre le dedica venerdì 3 febbraio alle 15.20.

Dottoressa Gianotti, davvero tra un Bosone di Higgs e l’altro, trova il tempo di andare al cinema?

«Certo, il cinema è bellissimo. Non solo, voglio proprio andare in sala, con gente che non conosce, pandemie permettendo, invece di vedere i film sulle piattaforme».

A proposito di pandemia, l’avrebbe mai immaginata anni fa?

«Personalmente no, ma ho diversi amici che lavorano nel campo delle malattie per i quali era più che immaginabile».

Come mai ha accettato di fare questo documentario?

«All’inizio ero titubante perché la ricerca è un lavoro di squadra e apparire da sola mi imbarazzava. Poi quando mi hanno detto “Fabiola, pensa a quante ragazze, guardandoti, saranno attratte dalla scienza”, ho ceduto».

Dal ritratto emergono i suoi trascorsi di doppiatrice…

«Ebbene sì, lo ammetto, avevo all’incirca 8 anni e lavoravo in sala di doppiaggio. Lì ho incontrato Veronica Pivetti e siamo diventate amiche, non per niente nel documentario appare anche lei».

Ma come si conciliano arte e scienza?

«Non c’è bisogno di conciliare perché sono parte della stessa creatività umana. Sono contraria alle divisioni in compartimenti stagni tra scienza e umanesimo. Anche i miei studi classici, il conservatorio, la danza hanno contribuito alla mia formazione».

Ha avuto difficoltà ad affermarsi come donna?

«Io non mi sono mai sentita discriminata, ma molte mie colleghe  sì. Diciamo che quando si è donne in un ambiente prevalentemente maschile si è costrette a dimostrare di più e si è sempre sotto scrutinio. Non si ha diritto a nessun errore, cosa che alla lunga logora».

Sacrifici a livello personale?

«La scienza si fa per passione non ci sono orari, ma ho sempre cercato di mantenere una vita equilibrata e l’interesse per sport, musica, cinema. Un ricercatore deve avere la mente aperta».

Lei ha dato il meglio di sé all’estero: che messaggio darebbe ai ragazzi in proposito?

«Passare un periodo all’estero aiuta a camminare con le proprie gambe. Va bene, poi, anche tornare in Italia, ma facendo ricerca con degli stipendi adeguati e in un sistema meritocratico. Poi ci sono anche stranieri che vengono a fare ricerca da noi, per esempio nel laboratorio sotto il Gran Sasso che è all’avanguardia».

Cosa ha rappresentato per lei scoprire il Bosone di Higgs?

«Per noi! Siamo orgogliosi perché il Bosone è una particella speciale senza la quale non saremmo qui. Ha avuto un ruolo chiave nell’evoluzione dell’universo, e c’è ancora molto da scoprire…».

Qual è lo scopo del Cern, l’organizzazione europea per la ricerca nucleare di Ginevra, che lei guida dal 2016?

«È un luogo in cui si fa ricerca per comprendere lo spirito dell’universo e lo si fa nella massima collaborazione tra scienziati di nazionalità diverse. Ci sono circa 16.000 scienziati di 110 Paesi, alcuni dei quali in guerra. Ebbene al Cern si depongono le armi e si gettano ponti di pace e di conoscenza. Questi sono i valori che mi piace sottolineare e che spero possano far presa sui giovani che decideranno di seguire il cammino della scienza».