Con convinzione e molto volentieri pubblichiamo questo ampio articolo di Michele Anselmi riguardo alla presenza nelle sale di Argentina, 1985, il film di Santiagio Mitre candidato all’Oscar per il miglior film internazionale. Ben venga il cinema in tv, ma ricordiamoci che l’habitat naturale del cinema sono… i cinema, cioè le sale cinematografiche. Torniamo al cinema!

“BELLA NOTIZIA: “ARGENTINA, 1985” DA GIOVEDÌ ANCHE AL CINEMA

SNOBBATO DALLA GIURIA A VENEZIA, IL FILM PER MESI SU PRIME

(di Michele Anselmi)

Un caso più unico che raro, ma è da salutare con vivo interesse, credo, l’esperimento firmato Lucky Red e Circuito Cinema: lanciare nelle sale cinematografiche italiane “Argentina, 1985” benché il film sia da mesi “in streaming” su Prime Video. Mercoledì 22, dopodomani, saranno a Roma il regista Santiago Mitre e uno dei due interpreti principali, Peter Lanzani, per promuovere l’iniziativa. Il giorno dopo, giovedì 23, “Argentina, 1985” sarà nei cinema italiani. Sono curioso di sapere se il pubblico che non l’ha visto sul piccolo schermo correrà a vederlo sul grande schermo. Magari le due fruizioni non sono in antitesi, staremo a vedere. In concorso alla Mostra di Venezia 2022 e adesso candidato all’Oscar, il potente film non fu neanche preso in considerazione dalla giuria presieduta da Julianne Moore, qualcuno suggerì in segno di larvata polemica nei confronti della piattaforma digitale, quasi a dire: “Non premiamo se non esce al cinema”. Una sonora sciocchezza se fosse vero, ma spero di no. Qui sotto quanto scrissi il 6 novembre scorso per Cinemonitor e Facebook, quando l’uscita nelle sale di “Argentina, 1985” non era né prevista né prevedibile.   

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di Michele Anselmi per Cinemonitor (6 novembre 2022)

Ecco la plastica dimostrazione di quanto abbia torto Nanni Moretti quando rimprovera alla Mostra di Venezia di prendere in concorso film prodotti dalle piattaforme in streaming. Su Prime Video, cioè Amazon, danno da qualche giorno “Argentina, 1985”, del quarantenne Santiago Mitre, in gara al Lido due mesi fa. Applaudito dai critici e dal pubblico ma snobbato dalla giuria presieduta da Julianne Moore, troppo presa dalla determinazione di premiare film perlopiù parlati in inglese.

Siamo onesti: nei cinema, oggi in Italia, “Argentina, 1985” non l’avrebbe visto nessuno, purtroppo sarebbe passato del tutto inosservato. Su Prime si può vederlo tranquillamente, anche in versione originale sottotitolata, e di sicuro non sarà un problema gustarlo sul piccolo schermo, benché pensato a tutti gli effetti anche come film da sala cinematografica.

La data sul titolo va spiegata: il 1985 fu l’anno nel quale si svolse a Buenos Aires un processo-simbolo, a lungo atteso dagli argentini. Dopo una faticosa istruttoria durata cinque mesi, il baffuto pubblico ministero Julio Strassera e il suo giovane vice Luis Moreno Ocampo riuscirono a portare sul banco degli imputati, sottraendoli all’impresentabile giustizia militare, nove generali, tra i quali l’ex presidente Videla.

Orribili i crimini commessi, durante la dittatura fascista conclusasi nel 1983, dai militari, su indicazione dei comandi: torture sistematiche, migliaia di “desaparecidos”, bambini sottratti e venduti, un clima feroce di repressione e mortificazione.

Strassera teme che quel processo sia una trappola politica, e intanto si moltiplicano le minacce alla sua famiglia, non solo telefoniche. Ma la piccola équipe di giovani collaboratori nel frattempo è riuscita a mettere insieme 709 casi, 800 testimonianze, 400 faldoni. “Non riconosco la legittima di questa Corte” sibilano all’unisono i generali felloni; il Paese invece esige che si faccia luce sull’abominio, sotto la spinta del presidente Alfonsín.

Con equilibrio, Mitre inserisce qua e là toni da commedia, di alleggerimento, nella rievocazione dolorosa degli eventi, lasciando alle vittime sopravvissute il compito di raccontare, sulla propria pelle, la posta in gioco. “Nunca más”, ovvero “mai più”: così Strassera chiuse l’arringa prima del verdetto (solo due furono gli ergastoli).

Gli straordinari Ricardo Darín e Peter Lanzani incarnano i due pubblici ministeri, ma tutto il cast è ben scelto, intonato alla ricostruzione d’ambiente, allo sdegno temperato, al clima di tensione.”