Dedichiamo molto volentieri uno “Speciale Musica” di Cinecorriere a un incontro con un musicista che potremmo definire di jazz rock o d’avanguardia che è anche un noto autore di colonne sonore: Louis Siciliano.
La cosa interessante è che dopo aver vissuto, studiato e fatto musica in luoghi del mondo molto diversi tra loro come Napoli (sua città natale), Londra, Los Angeles, Bombay e altri luoghi dell’India, dopo aver “risciacquato panni e partiture” tra Mississippi, Tamigi e Gange, il richiamo del mare del golfo dove si affaccia il Vesuvio, lo riporta dopo qualche decennio a immergersi nuovamente in quel Centro del Mediterraneo, quella città porosa che ha visto la Sirena Partenope nuotare e cantare, ma pure bastimenti che partivano per terre assai luntane e portaerei che arrivavano cariche di giovanottoni che, dopo aver fatto la guerra, ogni sera per anni nei vicoletti del porto, tra il Maschio Angioino e Bagnoli cercavano alcool, signurine e dove scambiare musica con giovanissimi “locals” come James Senese e Mario Musella, Tony Esposito, Tullio De Piscopo, Bennato, De Simone e Avitabile. E Louis ritorna oggi nel suo mare d’origine, musicalmente arricchito dai tanti suoni che ha raccolto e creato nel suo instancabile girovagare tra luoghi e strumenti diversi facendoli astralmente convivere in questo suo disco di Musica ed Energia, Ancient Cosmic Truth, che me lo fa accogliere a braccia aperte, come si fa per ogni figliuol prodigo che ritorna, nel futuro musicale del mio Napule’s Power.
Per questo ho deciso di produrre il suo ultimo disco, realizzato per la prestigiosa etichetta Musica Presente diretta dal più quel grande critico e musicologo italiano che è Renzo Cresti, anche prefattore di lusso del mio libro Napule’s Power (oltre che grande amico), per questo ho chiesto al mio collega che, sin dai tempi del mitico settimanale musicale Ciao 200, dove scrivevamo agli albori del Rock, più stimo come critico, Maurizio Baiata, di incontrarci con Louis, con Paolo Zefferi e con quel meraviglioso uomo delle immagini che è Mario Coppola, fotografo di corpi e anime di jazzisti nel mondo e persona molto sensibile.
Questo Speciale dedicato a Louis Siciliano è una lunga e approfondita chiacchierata in libertà di musica e dintorni che sarebbe stato un reato tagliare e che grazie al web possiamo riportare per intero. Leggete sin dove ce la fate, ma sono sicuro che, una volta iniziato a leggere vorrete vedere certamente… come va a finire.
E vorrete ascoltare questo disco che la critica di tutto il mondo sta apprezzando.
Renato Marengo
Che musica è Ancient Cosmic Truth?
Intervista a Louis Siciliano, Navigatore degli Spazi Intuitivi
(di Maurizio Baiata)
foto di Mario Coppola
All’incontro siamo presenti, oltre a Louis, Renato Marengo, Paolo Zefferi, il fotografo Mario Coppola ed io.
da sinistra: il direttore di Cinecorriere Renato Marengo, Louis Siciliano, Maurizio Baiata e Paolo Zefferi
Renato Marengo: siamo qui per raccontare dell’ultima impresa o avventura musicale di Louis Siciliano, artista poliedrico e polivalente, proveniente da una marea di esperienze delle quali parleremo, costruttive, utili, aggregate a tutto ciò che Louis ha sviluppato, non dispersive, su un unico canale, la Musica, il nuovo nella Musica. Appena ci siamo incontrati abbiamo parlato dei panni sciacquati nel Tamigi, nel Mississippi, nel Gange, che oggi ha sentito la necessità di riportare dove è nato, nel Golfo di Napoli, che già da giovanissimo Louis avrebbe voluto cambiare. Non la Napoli delle grandi canzoni dei compositori, né quella della tradizione, una Napoli di allora pietistica, delinquenziale, neomelodica, che aveva creato un abisso tra il nord e il resto del mondo, una Napoli vista più per i fatti di tipo scandalistico, di cronaca nera, e non per le sue grandiose prerogative che, come dice il critico Renzo Cresti, ne hanno fatta e continua ad essere la capitale assieme a Parigi, della musica europea. Con Cresti, che ho conosciuto in zona Opus Avantra, grazie alla sua mediazione, abbiamo familiarizzato, lui in contemporanea, io musica del mondo, fil rouge Napoli-Venezia. Ho incontrato LS alla presentazione del mio libro Napule’s Power e ho cominciato a conoscere le sue musiche, ma il tema di oggi, a fianco alle esperienze come autore di colonne sonore, che al momento sta mettendo da parte per concentrarsi sul mondo che molto di più gli appartiene, il Jazz, ha una motivazione iniziale, un nome, Wayne Shorter, un indirizzo verso il Jazz-Rock…
Louis Siciliano: Wyane è un maestro zen, e come tutti i maestri non ti dice cosa devi fare. Ho avuto il privilegio di frequentarlo, con la sua famiglia, la moglie Carolina, e ho subito iniziato a scendere in me stesso. Quel viaggio indicato dai Greci, conosci te stesso.
Ho dovuto adattarmi… un compositore italiano del 900… usando la logica del naufrago che mette la lettera nella bottiglia, illudendomi di poter sopravvivere con le colonne sonore, pensando che i film poi avrebbero fatto uscire la mia parte musicale, in realtà io i film li ho disseminati di simboli, di segni… creando musica a multilivelli….
Ma ancora non ero io. E con Wayne ho capito soprattutto una cosa: la verità conta sopra qualunque altra cosa. Ero poco più che un ragazzino, con il mio amico carissimo e scrittore notevole Franco Cuomo -e un giorno Carmelo Bene mi disse: “Ma per te la musica è una questione di vita o di morte?” Ecco, adesso, dopo Wayne, lo è… davvero.
RM: quando ci siamo incontrati… Il rinnovato interesse per Napoli, che forse oggi ti appartiene di più, quale è il tratto di unione fra il punto dove sei arrivato e questa esigenza di entrare nel futuro del Napule’s Power?
LS: Io sono da sempre a Napoli…. la mia Napoli è come la Gerusalemme Celeste di Torquato Tasso…
Napoli… tutti i grandi sino a Pino Daniele, James Senese…. I mostri di allora, pilastri della nostra cultura. Joe Amoruso, Ernesto Vitolo… loro sono i nostri tropicalisti….
Noi spesso ci dimentichiamo che siamo tutti nel multidimensionale, pensiamo di essere nella dimensione tangibile, ma non esiste solo questa… io a Napoli ci sono sempre, non l’ho mai lasciata… Le sue radici sono profonde e rami svettano in alto…
(Luis spiega Napoli e Varanasi sul Gange…) ho conosciuto un suonatore di sitar, era il nipote di… Ustad Bismillah Khan, maestro Shehnai… un immenso bagaglio culturale, ebbene Napoli rappresenta la più alta sartoria del mondo…. il napoletano non è un dialetto… donne ammazzate… briganti che non identificavano con Torino, Eduardo diceva “Fuitevenne”.
MB: Eduardo ai giovani talenti napoletani disse “andatavene”?
LS: Era amareggiato, i grandi personaggi se ne stanno arroccati nelle loro torri d’avorio, i gattopardi.
MB: gli stessi di “Mani sulla Città” di Rosi?
LS: sono i figli dei baroni…
MB: I baroni di allora rispettavano o no, il fatto che esistesse una napoletanità… il problema di allora…
LS: I baroni di quel tempo avevano rispetto perché erano figli di una cultura…. Alla quale poi si è anteposto il vile denaro, camorristi…
MB: Eppure una guerra vera ha avuto una svolta, raccontata mirabilmente da Nanny Loy nel film “Le Quattro Giornate di Napoli”, che vorrei che tu ricordassi… gli scugnizzi…
LS: Io per me… Napoli è anarchia di fondo, multiverso…
RM: Chiamo spesso anche io Napoli la città “porosa”, un termine che viene da grandi scrittori… Rea, La Capria, la città, anziché farsi massacrare, soccombere, nel corso dei secoli ha assorbito tante culture… mentalità sinergica e contaminatrice, ha stemperato le dominazioni, ha acquisito… sino a crearne una nuova, la napoletanità polivalente
LS: E la musica non è immune, come non ne è immune la cultura… elementi del mondo ebraico… Federico II la scuola medica, l’università napoletana, Adam De La Halle (compositore e poeta francese, N.d.A.)… Ars Nova, va a Napoli…
la rabbia della riscossa, detentori di un grande bagaglio, in un tempo in cui la tv ha elevato prima le masse e poi ha distrutto tutto sino ad una Napoli che oggi ha solo immondizia e i grandi, come Pino Daniele, James Senese, Enzo Gragnaniello non li ha più … dico sempre a mio figlio quattordicenne che è un’immondizia devastante, ma siamo ancora in tempo ad arginarla…
MB: c’è stato un grande personaggio del mondo della comunicazione, ma anche della musica in Italia, che ha sofferto di quanto avete appena detto, Renzo Arbore… lui ha portato fuori… ha dato spazio ai nuovi talenti, coi suoi Indietro Tutta, Alto Gradimento…
RM: Esatto… molti napoletani glielo devono, per questo un capitolo del libro Napule’s Power si intitola “Renzo Arbore…. i prodromi”… da giovane lui viene a Napoli, da jazzista, un mondo sano internazionale, porta i napoletani a riscoprire, migliorare le grandi canzoni in stile swing… Peppino di caprio, Bongusto, Giardino dei Semplici, Totò Savio, eccetera….
LS: mi solleciti… Renzo Arbore, la sua Orchestra Italiana, è stato un incubatore… di talenti, come il grande percussionista Giovanni Imparato…
RM. Che aveva suonato con Eugenio Bennato
MB: E a “DOC”, ragazzi, c’è stato Miles Davis…
LS: e Pat Metheny, Dizzie Gillespie, Michael Brecker…
RM: E Gegè Telesforo… ma i padri che esistono ancora… Va citato il sociologo Lello Savonardo, la sua Bit Generation… Le nuove tecnologie, i 99 Posse, 24 Grana, Raiz, i giovanissimi e arriviamo a te.
LS: Pino, James sono grandi, Eugenio Bennato…
RM: Roberto De Simone è stato il recupero, ma a Eugenio si deve la transizione, il passaggio, sino ai Musica Nova, dopo le basi… creano il nuovo, con Tony Esposito…
LS: Credo che oggi si debba lottare strenuamente contro il bluff e la mancanza di verità.
MB: Ascoltando il tuo nuovo disco ho pensato: la nuova musica deve uccidere questa pessima cultura attuale.
LS: lo sottoscrivo col sangue…
MB. Con i suoi quattro brani, a costituire una suite, che potrebbero diventare due, il tuo album Ancient Cosmic Truth è la cosa più straordinaria che a mio avviso sia uscita in Italia negli ultimi anni, o persino da sempre. Ad esempio, rispetto al Perigeo, che adoro, non c’è confronto… a prescindere che siano passati tanti anni dalla loro musica, la tua è molto più avanti.
LS: Io penso di essere anche un loro figlio…
MB: Mi sono sempre chiesto perché non abbiano proseguito su quel percorso e si siano fermati: tu hai sofferto quello che hai dovuto soffrire e loro invece hanno rinunciato… Con dei mostri quali Biriaco, Tommaso, eccetera… avrebbero potuto portare molto di più rispetto al movimento definito prog, che secondo me è stato sterile, non ha prodotto molto dal punto di vista della crescita di avanguardie musicali…
LS: Negli USA ho vissuto anche nel contesto dei rapper americani… una sera ero a una festa, mi presentano uno già famoso…. pieno di cocaina, che raccontava che veniva dai ghetti, invece poi scopro che era di una famiglia borghese… ecco, vogliamo riportare l’asse sulla verità, essere veri, oppure… finire ingoiati dal maledetto marketing della Tv….
MB: Quindi la tua musica non può andare in TV?
LS: La dovrebbe scardinare… non so se è un capolavoro, ma è la mia musica, non so se ho fatto meglio o peggio, ma so che dietro di me ci sono i Perigeo… che amo e sono grandi artisti, perché mi nutro di cose belle. Dobbiamo dire ai ragazzi: non credete nell’immondizia. In chi investe in qualcuno che dice di venire dalla strada e ha il papà industriale… quello, se lo porti in Queens e al Bronx ha paura della sua ombra. Tette, culi, cose del ghetto… chi è cresciuto a Napoli… nel mio disco io porto la mia cultura, che è super napoletana…
RM: Però sei stato in America, in India e a Londra.
LS: Il napoletano è cittadino del mondo e un tempo viaggiava. Mi trovavo in Rajastan… incontro col napoletano, lo spirito viaggiatore, mai violento, generoso… la Napoli di oggi, una provincia, la politica li tiene col mangime.
RM: abbiamo sentito il legame con Napoli… le conseguenze… arricchire un lavoro… fino ai giorni nostri, possiamo parlare di futuro? Cosa è questo tuo nuovo album?
MB: Posso rispondere io approfondendo la domanda? Visto che il titolo dell’album è “Ancient Cosmic Truth”, più che arrivare al futuro, che è compreso in questi tre termini, perché quando dici cosmico è il futuro, è la visione che hai, però come sei riuscito a mettere insieme i tre termini per giungere a una musica che abbraccia tutto?
LS: Dobbiamo fare una premessa. Quando si dice musica si dice cultura, dobbiamo esserne consapevoli, la musica, inoltre è l’arte del “qui ed ora”, che ha una capacità medica, curativa, terapeutica, che nello spirito comune, nel “genius locii” del tempo, gli anni Settanta, la musica era la politica. Poi sono arrivati gli Ottanta, l’edonismo, il divertimento. I Novanta sono stati gli anni del malessere, vedi i Nirvana…
RM: Vedi anche i 99 Posse, Almamegretta, 24 Grana…
LS: Per il Duemila dobbiamo usare una parolina magica non da sputtanare nel supermercato dell’effimero, che è “Olismo”. Essere olistici, tutto è collegato, siamo in una realtà quantica. In questo momento non parla Louis, parlano i miei avi, parlano tutti i musicisti…
MB: Stai canalizzando, canalizzi mentre parli?
LS: Certo. Un canale del quale io sono solo un’antenna. L’artista è una antenna, non crea e non fa niente… mi attraversa la mia memoria, i miei predecessori, gli alberi che sono i primi abitanti di questo pianeta…
MB: Ma sono entità presenti e immanenti.
LS: Sì. L’artista catalizza tutto il mondo che non si vede, per esempio a Napoli c’è un culto degli avi importantissimo, perché attraverso quello, tu sei anche la voce di chi non c’è più. Pino Daniele non c’è più ma Pino Daniele è dentro di me. L’ho ingerito. Come James Senese.
RM: Un’annotazione utile. Fabrizio Sotti, jazzista, chitarrista e compositore (autore di un eccezionale omaggio a Pino Daniele)… gli americani gli hanno detto che per loro Daniele è un autore che viene eseguito come Gershwin nel Jazz….
Si descrive la differenza fra le canzonette e il Napule’s Power…
LS: Noi siamo nel qui e ora, che esprime anche quello che arriverà… tutte queste energie che vanno anche nel multiverso. Io non sono un fricchettone reduce degli anni 60, no, io parlo scientificamente. La fisica quantistica finalmente ha fatto capire al volgo che quello che gli Egizi e il mondo vedico avevano scoperto e i sacerdoti conoscevano, oggi è di dominio pubblico. Perché tutti noi come tante pecore dobbiamo avere il vaglio della scienza. Questa scienza bisogna capire cosa è, quali signori la gestiscono, quale business la finanzia. Mi posso fregiare di essere amico di un Nobel della Fisica, George Smoot… io rappresento una branca della cultura importante che è la musica, che è la sintesi. Secondo George Smoot nel multidimensionale ci sono tutte le energie che ci circondano, le anime che non si riescono a staccare, perché il nostro sistema delle nascite e così via è molto complesso, il logos in cui siamo, mentre fuori dal nostro logos c’è quello che si chiamano alieni, extraterrestri…. Ognuno la interpreta a seconda…., ma tutto questo concerto di energie ci attraversa. Fa parte di noi e la musica in questo è meravigliosa sintetizza le formule cosmiche
Una vecchia leggenda dei Bambara a cui ho dedicato il mio primo “Bambara Symmetries”, le simmetrie dei Bambara sono dei codici…
MB: Puoi dirci qualcosa dei Bambara.
LS: Sono uno dei primi popoli aver abitato nel West Africa… spiegazione, parliamo dei Dogon… popoli che non conoscevano la guerra… i portoghesi… la leggenda di un potente faraone egizio… che crea un gruppo di sacerdoti custodi delle sacre formule, che non stanno in volumi… no, si trovano nel ritmo e nella danza, la formula, la simmetria tu non la puoi passare solo attraverso lo scritto… e la Cuba di Fidel Castro, gli ho dedicato una poesia letta sulla sua tomba dall’ambasciatore…
e Fidel e Che Guevara, io penso anche ad un mondo cosmico, in cui… parla della musica classica dei bata delle cerimonie sacre, santeria, vengono suonate le simmetrie che agiscono sul nostro sistema cognitivo, che lavora con gli algoritmi. Io due volte al giorno non faccio solo meditazione, ma anche tecniche di ipnosi, che vengono da Jung e i post junghiani, non solo, ma anche di ipnosi applicata alla musica, per via dei miei studi sul nostro cervello e non è un caso che ho poi partorito Mumex: Music Multiverse Exploration, perché noi abbiamo certe connessioni, certe sinapsi che il potere da sempre vuole cancellare.
MB: Rispetto a questo tuo “Ancient Cosmic Truth”, partiamo dal primo brano, “Bambara”, appena ho cominciato l’ascolto ho esclamato “azzzz”, annotando questo: dopo un’epica entrata del sax sembra che questi spaccaossa stiano suonando live. Ѐ quello che volevate ottenere, tu assieme agli altri??
LS: Maurizio… questo è importante, è il cuore del mio progetto. Io da sempre sono nel Napule’s Power, la mia radice è quella, altrimenti come mi mantengo. Però c’è anche qualcosa di tangibile e importante in questo album. Dopo 25 anni di lavoro, dopo aver elaborato un metalinguaggio, il MUMEX, che è un modo di vedere quella noi chiamiamo armonia, lo sviluppo della melodia che viene da Coltrane, in realtà lo zoccolo duro del progetto siamo, ovviamente io, Claudio Romano alla batteria, super napoletano che tutt’oggi vive a Pomigliano d’Arco e Umberto Muselli al sassofono, che Pat Metheny ha definito “l’erede di Michael Brecker”.
Muselli abita alle porte di Napoli ed è un outsider totale, un puro, mi ricorda Massimo Urbani…
RM: Urbani che ricorda Mario Schiano…
LS: Umberto quando sente odore di musichetta dice, io me ne sto a casa, ho i miei allievi, un grandissimo didatta, di grande cuore e grandissimo musicista… giocavamo da ragazzini a pollone sulla spiaggia, è una vita che suoniamo insieme, ci conosciamo, ci vogliamo bene, siamo la generazione venuta dopo Gigi De Rienzo, Bob Fix, Ernesto Vitolo, Rino Zurzolo, erano più accomodanti, terreni, dal sorriso disincantato, noi eravamo quelli incazzati, venivamo da dopo le posse, 99 Posse, ecco, noi siamo quelli che “quando entrano” danno botte, mazzate… a Napoli si dice mazzate ‘a cecata, se entra con noi un musicista americano, uno Steve Coleman, noi siamo a casa, non temiamo niente e nessuno, perché veniamo da ore e ore di musica, di session, abbiamo consacrato la nostra vita come lo fa un monaco buddhista zen, dopo di che ho detto “vuagliò” voglio chiamare Randy Brecker… , il fratello di Michael…
MB: Scusa, una domanda, tu hai sentito “Blackstar” di Bowie?
LS: Sì, certo.
MB: E quante volte ci hai pianto su…
LS: Ebbeh, perché anche lì c’è una verità cosmica che lo permea…
MB: Che è proprio quello che io ho sentito nei quattro brani del tuo album… il cui concept, così breve, che in soli 6 o 7 minuti per ciascun brano riesce a sintetizzare degli universi che fra di loro sembrano tutti collegati, rispetto al discorso che hai fatto prima di multiverso. Io consiglierei alla gente, di ascoltare prima “BlackStar” e poi “Ancient Cosmic Truth” un po’ per superare lo scoglio della tristezza…
RM: la malinconia, la saudade…
MB: no, è qualcos’altro, forse lo può spiegare Louis…
LS: quando si parla di Bowie non si parla di un fesso, quando Platone ci parla di iperuranio, di certe dimensioni, ognuno di questi grandi, lo stesso Yogananda, Aurobindo, ha elaborato un linguaggio, perché siamo in un mondo… finito, dove ci tocchiamo, ci palpiamo, e descriviamo, in un linguaggio che è figlio del retaggio del linguaggio del tempo, un qualcosa che è dell’Infinito, qualcosa che un paradigma che esiste e dalle grandi scuole iniziatiche è stato chiamato Logos. … quante delle nostre Sacre Scritture si dice In Principio era il Verbo… non era il Verbo, in principio era la Vibrazione….
MB: Non voglio che tu ti immedesimi in Bowie, ma come lui in “Blackstar” hai fatto la stessa operazione circondati di musicisti Jazz… perché?
LS: Perché quando tu sei connesso attraverso il cuore e l’intelletto a questa matrice, un’energia più grande e più forte di noi, è una visione olistica…
MB: E allora soltanto il Jazz è quello che io da sempre definisco “musica totale”…
L.S.: Quando un navigatore di spazi intuitivi arriva a intuire che questo Logos immanente, opera nel mondo in un certo modo, lo declina attraverso la sua arte in determinati modi.
Ad esempio György Ligeti, grande compositore, o Jimi Hendrix lo hanno fatto a proprio modo, e Jimi non era per nulla inferiore a John Coltrane. Sono tutti… li chiamo sacerdoti, ma anche ingegneri cibernetici, o degli spazi siderali ed è la famosa musica delle sfere della quale parlava Pitagora, qualcosa che è nel Logos e che tu capti e a cui cerchi di dare forma attraverso gli strumenti che hai, lo ha fatto anche Johan Sebastian Bach.
RM: Un magnifico titolo, questo “Navigatore di spazi intuitivi”.
LS: Questi argonauti dell’intuizione come Davd Bowie, a un certo punto fanno un’operazione fondamentale. Ne parla Huxley: “Se le porte della percezione fossero purificate tutto appare infinito”. Perché due cose sono da sempre fondamentali per l’essere umano, secondo me. Una è la “ruota infinita” (moto perpetuo) che significa portare la mente in uno stato di vuoto, lavorandoci su tantissimo, e non è detto ci si arrivi pur impegnandosi tutti i giorni ed è un po’ quello che avviene, quando Wayne Shorter suona, quando Coltrane suona, quando io nel mio piccolo faccio le mie cose. La mente diventa la ruota infinita quando non pensi.
M.B.: Che differenza c’è fra “Blackstar” e Mysterious Traveller” dei Weather Report?
LS: Io sono uno scultore, ricevo un segnale e mi ritrovo a Parigi dove gli elementi di cui dispongo sono legno e cristallo e con questi inizio a inventarmi qualcosa. Io invece sono Bowie, mi trovo nel deserto del Sahara o in una savana, devo prendere altri elementi da quello che mi circonda, da mettere insieme e creare. Cambia l’aspetto linguistico, il modo di architettare, tutto ha una struttura e una metastruttura. Nella prima dominano i linguaggi, il lessico, quindi i Weather Report, Joe Zawinul e Wayne Shorter, con Jacopo (Pastorius) che lavoravano su qualcosa che aveva radici in Miles Davis. David Bowie invece viene dal tetro cosmico, è uno Shakespeare in musica, c’è molto la parola, e il portare l’astrale nel fisico, come dice quel genio di Jodorowsky, la montagna è questa qui, ognuno ci può salire da un lato diverso, ma alla cima la realtà è per tutti una.
Le classi sacerdotali poi nell’arco del tempo…. Dando nomi alle entità, tipica scelleratezza dell’essere umano che dà il nome a tutti, al cane e anche a quella energia. E invece quella è un’energia senza nome, né tempo, né spazio, è un’energia che dilaga e quando tu di metti in contatto con quella energia attraverso il cuore e la devozione, perché tu devi essere devoto non al Buddha, ma al divino che porti dentro. La musica porta questa verità.
MIA NOTA PERSONALE: QUI POTREBBE ESSERCI UNA DEGNA CHIUSURA
Uno che ha la terza elementare…
Esempio di un Gianni Coffarelli che si collega non alla Madonna, ma al suo daimon interiore. Davanti a tutto questo, cadono le università, i ceti sociali e ognuno ci può arrivare da una parte della montagna.
RM: Raccontiamo chi era Coffarelli. io l’ho conosciuto con Roberto De Simone ma diciamolo a chi ci legge
Spiegazione di Louis: Un maestro della tradizione…
MB: Hai mai incontrato Franco Battiato?
LS: Tutti mi dicevano…… Franco bla bla un sogno, tu sei un aluhei, in studio con Pasquale Minieri…. Sergio Marcotulli, tutta la storia…
LS: In un momento in cui mi stavo… chiudendo, Renato mi ha riportato alla mia missione per la musica, un giovane di quasi 80 anni più entusiasta di un ventenne… E a Franco avevo fatto avere il mio album “One Vibration” e se ne era innamorato. Dovevamo incontrarci, ma si era ammalato.
Parliamo di Camisasca…
MB: Il secondo brano, “Translucent Dodecahedron”, da dove arriva? Di tutti i gruppi dell’epoca, intuisco, si sente una derivazione dai King Crimson…
LS: (Ride) Proprio stamattina ho pensato, sul prossimo disco alla chitarra voglio chiamare Robert Fripp.
MB: Meraviglioso. Su “Blackstar”, dissi che il gruppo perfetto sarebbe stato Bowie, Fripp e Eno… ma il termine “Translucent” fu usato dai Pearls Before Swine del fantastico poeta Tom Rapp e tu… e i carri translucenti. E il dodecaedro da dove arriva?
LS: Tutto nel mondo è proporzione, numero, struttura. Struttura poi avvinta dallo spirito. Così, anche nella storia della musica, oltre che della struttura, del numero e dello spirito, il 12 è un numero che torna sempre.
Spiegazione: dagli apostoli al flamenco…
MB: Quindi si arriva al blues, molto semplificato rispetto al 12…
LS: Sì, il Blues ha 12 battute… spiegazione del soleá, è un ballo flamenco, a 12. Numerologia e proporzioni che ci richiamano alla dimensione della danza…. Escher, il dodecaedro, nella cui simbologia c’è qualcosa che appartiene ai nostri archetipi… musica archetipale. Per me è importante non il linguaggio ma andare all’origine di questi archetipi.
Segue digressione sugli archetipi fra l’esterno e l’interno dell’essere umano. Archetipi Junghiani.
LS: Mi sento intriso profondamente dallo spirito junghiano che è quello che più si è avvicinato all’India. Io gran parte delle mie vite precedenti le ho fatte in India!
Secondo il Mahabharata, tutto quello che accade e accadrà è successo… luogo fondamentale per il pianeta, vi si sono svolte cose importantissime… eccetera. Compresi i Vimana, le tecnologie volanti e gli armamenti avanzati.
MB. Dell’India abbiamo colto soprattutto la musica.
L.S. Lunga digressione sulle culture antiche e le culture monoteiste che ci hanno distrutto. E la normalità del multidimensionale, che la musica come disciplina sintetizza da sempre. E le radici, del gitano napoletano che va nel mondo.
Dedica a Camaron del Isla, cantante re dei gitani e Ricardo Cachon, grande compositore del flamenco.
MB: e come li inserisci, come componi?
LS: Quando penso a Coltrane, a Charlie Parker… Jimi Hendrix… sono i miei avi. Del mio cerchio magico, del mio mondo affettivo. Io sono solo un minuscolo granello, loro sono giganti, ma io li sento miei fratelli. Perché la loro musica è amore.
MB: Ma quei dieci anni, fra Trane, Parker e Davis sono stati la rivoluzione totale che ti ha colpito nel profondo.
LS: Per due motivi. Uno per la sintesi, dalle etnie portate in Centro America e poi smistate, dopo innestate alla parte celtica, alla parte dei nativi americani, con Mingus ad esempio. Abbiamo smarrito la poesia, di rapper ce ne sono il 3 per cento di poeta… roba da supermercato…
La musica strumentale bypassa il bluff della parola, ti connette a qualcosa direttamente spirituale. Mi ascoltano gli ebrei, gli islamici… è un linguaggio che parla al corpo prima che all’anima.
E lunga preparazione …. La storia in un tempo lontano degli imperatori cinesi…. Il gallo…
Passo le mie giornate nella ricerca, non solo in meditazione, e non solo ricerca macrostrutturale, sull’armonia, io creo anche i suoni, sulle sonorità delle cose…
MB: Anche sulla music concreta…
LS: Sono stato iniziato dai grandi della musica concreta, Antonio De Santis, Pierre Boulez, Peppino Di Giugno (inventore, genio, N.d.A.) e la computer music
MB: Per arrivare a Frank Zappa…
LS: Lo aveva capito perché veniva da Edgar Varese.
Un po’ come nell’accademia di Platone, ti puoi ritrovare a cinque anni nella garana
Dopo, finito il tuo corso, 20 anni di studio, aggiungi il nome della scuola di Benares… nel rispetto della garana.
RM: Sei uscito da Napoli, hai girato il mondo e conversato con tutti, con tante culture, ora hai la sintesi, che è il Jazz per tua scelta e torni a Napoli perché è un tuo messaggio oppure perché Napoli è nuovamente capace di accoglierlo?
LS: Io in realtà non mi sono mai allontanato…. Napoli vive sempre in me, ma dicevamo che la sensibilità di questi anni è una ricerca olistica e Napoli è olistica e sincretica da millenni…
Parli, rivolgendosi a Renato … come sintetizzi su Napoli
RM: quindi tu scendi in campo per affermare Napoli per sostenere che non siamo provincia.
LS: Ne sono ambasciatore.
MB: E la costruzione di quest’opera mi fa chiedere: come hai messo insieme la band: concettualmente, virtualmente o sensitivamente?
LS: Sensitivamente. Perché ci riempiono di cazzate. Ci dicono, il cervello… le ultime scoperte cognitive della scienza ci dicono che il cervello è qui nel plesso solare, gli antichi lo chiamavano archeos. Io mi muovo con la mia bussola qua, indicando il plesso solare.
MB: Ma qui indicando la fronte c’è il terzo occhio.
LS: indicando, è un ponte fra qui e qui….. archeos e poi l’intuizione…. Manzoni diceva che Renzo apparteneva alla gente meccanica…..
Per arrivare alla consapevolezza e la musica è una via spirituale, non è entertainment. La via iniziatica che ho deciso di percorrere da quando avevo 9 anni.
MB: Questa è una band che regge insieme? O è un organico passeggero.
LS: Dato il covid time… la musica internet, un concerto on line… come una donna bellissima che devi incontrare se ci vuoi stare. La gente deve capire che l’arte vera vive nella performance dal vivo. La mia ban ideale è in un teatro dove si fa musica con i cuori di tutti i presenti… fare l’amore col pubblico, essere in risonanza. I dischi sono come i quadri e io oggi sono nel mio periodo blu, ma fare un disco è un altro modo di esprimere l’arte, fissare quel momento compositivo ed esecutivo, è la fotografia, ma anche giocare con l’artificio e la tecnica. Non in questo mio disco che è tutto dal vivo. Ogni concerto è sacro, ogni volta che un essere umano impugna uno strumento è un atto sacro, che vale più delle moschee, delle sinagoghe e delle chiese.
MB: Terzo brano: The Secret of Mansa”. Mansa credo appartenga alla africanità, alla base assoluta del senso ritmico, alla fisicità sonora… scene dal Togo, bambini piccoli che con il battere le mani comunicavano con i bianchi per avvicinarsi e stabilire una forma di contatto e ricevere il regalino, la caramellina… la musica è l’unica cosa che ci lega all’Africa, che abbiamo solo sfruttata.
LS: C’è da dire che le multinazionali hanno sempre fatto man bassa, la Francia soprattutto. Ho vissuto in Senegal, Mali… la crisi del ritorno… storia della esperienza in Africa, vivendo con loro, è un patrimonio per tutta l’umanità, il gigante cinese è lì da anni… Il presidente del Senegal Leopold Sengor, l’unico nero ammesso alla accademia di Francia, conosco la nipote attraverso… due ore di barca, un bambino un asino e un carretto, la signora non c’era. Sento il canto dal minareto… episodio raccontato, sino al ritorno all’Animismo che è un ponte con l’intuizione, un ponte con il multidimensionale, mi prese per mano, abbiamo parlato… un bracciale, portalo in Italia. L’Africa così mi è entrata dentro. Mi è arrivata dall’emisfero destro, in Africa ci sono i maestri dell’emisfero destro… in generale, in Europa, nell’Occidente abbiamo costruito tutta una società poggiata sull’emisfero sinistro. Io non sono per la civiltà visiva, ma quella uditiva, perché si dice che l’orecchio è connesso all’emisfero destro, in Africa c’è molto emisfero destro, che oltre alla musica la fa da padrone anche nella ritualità, si danza…
MB: Ed è legato al femminile, se non vado errato.
LS: E certo! Il femminino sacro, da Leonardo sino a Dante ne erano cultori, Botticelli… l’emozione è l’emisfero destro e noi lo abbiamo perso, la musica invece fortunatamente ce l’ha, ma poi chi letteralmente naufraga nell’emisfero destro sono pochi… il film di Wim Wenders “Lisbon Story”…. Il regista che cerca di dimenticare le immagini…
MB: Mentre parlavi mi è venuto in mente Picnic ad Hanging Rock… primo, perché un mistero irrisolto, secondo, è legato al “superiore”, terzo è legato al femminile perché coinvolge le ragazze dell’Appleyard College… alla loro grazia, energia, potenza…
LS: La violenza sulle donne. Tutto quello che avviene in negativo…. Cultura è ascolto del femminile, il nostro è un vero dramma culturale.
MB: Allora è una suite in quattro movimenti. Ma anomala, non alla Pink Floyd, i cui movimenti occupano un’intera facciata di 24 minuti… E quindi dove sono gli altri 24 minuti tuoi di una seconda facciata?
LS: Il prodotto di un’attività artistica va calato nel tempo in cui viviamo. Con un clic siamo a Tokio, comprare del greggio dal Golfo Persico… l’avvento dei pc ha cambiato la percezione dello spazio tempo e anche delle durate, anche nella buona musica di consumo è saltata l’introduzione, si va subito alla strofa, perché la nostra capacità del qui ed ora è completamente diversa e le sei ore di un grande genio come Wagner sono diventate le due ore dei Pink Floyd e ora i 40 minuti miei. I 4-5 matrimoni degli americani oggi… le sei sette vite dei nostri nonni, l’umanità è diversa.
MB: Questa musica in tutto l’album è estremamente potente. Dal punto di vista delle emozioni che consente di percepire e nell’ascoltatore lo fa reagire, solitamente ad esempio nel prog c’è l’inserimento della voce femminile, della soprano, che tu non hai usato…
LS: no, non l’ho usata…. Amo molto il canto armonico, le diplofonie, come strumento di tecnica spirituale, ma in questo caso no. Venivo da due album dove c’era il pianoforte, strumento relativamente recente, nato duecento anni fa, ma l’essenza degli strumenti è antichissima… l’orecchio di Bach, Luigi Russo con l’Intonarumori… il tasto del primo pianoforte era molto aspro. Dopo anni e anni dedicati all’intelligenza artificiale, la ricerca elettroacustica, in un gruppo che si chiamava Musica Inaudita… conferenze ad Harvard, guidato da Antonio Cafagna, che è nell’altra dimensione, io e Filippo Deliso… mi sono detto basta stare nei cenacoli, la gente parla di musica elettronica, tutto fattibile da chiunque con il computer, mi sono detto è arrivato il momento di mettere insieme qualcosa che prenda un pubblico più vasto, elettronica per tutti. I suoni di questo disco non si trovano altrove, non sono preconfezionati, alcune delle note, delle mie tastiere vanno dal grave all’acuto, suono con i piedi la pedaliera, creo suoni come un liutaio di me stesso e questo è il frutto di anni spesi nel “micro” a creare suoni, nel ricercare questo nuovo linguaggio Mumex. E con Renato, con la mia volontà, abbiamo ascoltato delle mie cose, poi la gtrande amicizia, ma il senso che ci accomuna è essere portatori di qualità, la mia musica è vera, non è un bluff e faremo in modo che il Naple’s Power… sia riconosciuto come antropologia, cultura millenaria… la mia Napoli parte da Gesualdo da Venosa, sino a Rossini.
MB: L’album finisce con un gong, perché è una preghiera?
LS: Perché non esiste l’inizio e non esiste la fine, è tutto un ciclo e il gong è lo strumento che raffigura la liberazione, il culto della vibrazione. Io faccio musica per devozione e per essere curativo, portare qualcosa alle persone nell’ambito della guarigione. Della quale io sono solo un tramite. La vera musica è guarigione, terapia, amore, compassione, la più grande strada spirituale che esiste, non c’è una disciplina più profonda. So che la vibrazione ha un peso importante nell’evoluzione di questo pianeta. Dal punto scientifico perché in tutti gli elettromedicali si è scoperto il potere degli infrasuoni, spirituale e della materia, quando usciamo da un concerto dal vivo, l’elettricità, l’energia che abbiamo nell’anima è la straordinaria forza della musica. Basta che gli artisti non stiano sotto la tavola dei potenti ad aspettare l’osso. Così sarai sempre uno schiavo. Allora vivi il tuo giorno da leone, con gioia ma anche in libertà.
Perché la vita in questo corpo è una e il passaggio è uno, non ne faremo 300 mila. Una sola volta sono andato da una medium, perché da sempre ho il dono della medianità ed era una medium che stava dall’altra parte del Tevere, che era la medium di Fellini. Famosissima. Quando l’ho incontrata mi ha detto “maestro, ma perché sei venuto qui, tu ne hai bisogno” e durante questo colloquio mi ha detto una cosa: “Tu ti sei voluto incarnare per sperimentare la gioia attraverso il suono e la parola”. Spesso lo dimentichiamo, perché la situazione non è rosea e ci ingrigiamo, però non dobbiamo perdere di vista la gioia, ed è questo che mi ha reso possibile il legame con Renato, lavorando con il sorriso. La capacità di dispensare gioia per te e per gli altri.
Maurizio Baiata