Mancano Massimo Boldi, la fatalona di turno e le gag a gogo, ma Natale a tutti i costi debutta in concomitanza delle festività di fine anno e soprattutto ha come protagonista Christian De Sica. Insomma, gli elementi per parlare di cinepanettone ci sono, con la differenza che invece di riempire le sale, il prodotto costituisce una delle offerte della piattaforma Netflix.
Certo, a voler guardare il capello, l’etichetta di cinepanettone probabilmente sta stretta a questa commedia all’italiana, che viaggia tra battute venate di malinconia e altre al limite del trash, come quella pronunciata da De Sica sul vino abruzzese – «Una merda!» – che tanto ha fatto arrabbiare i viticoltori della regione e il loro rappresentanti istituzionali. «Mi scuso per l’equivoco – ha tenuto a precisare Christian – anche se nel trailer non si vede, io poi nel film dico che sto scherzando. Amo l’Abruzzo, ci vado da anni e sarò felice di tornarci per chiarire questo stupido malinteso», ha chiosato.
Vini indigesti a parte, va ricordato che Natale a tutti i costi, liberamente ispirato alla commedia francese Mes Très Chers Enfants, racconta le peripezie di una coppia della media borghesia romana, interpretata dallo stesso De Sica e da Angela Finocchiaro, alle prese con la “sindrome del nido vuoto”. Sì, perché gli adorati figli ultraventenni, Alessandra ed Emilio, ai quali prestano il volto Dharma Mangia Woods e Claudio Colica (del duo Le Coliche) sono andati a vivere ciascuno per conto proprio e di passare il Natale con mamma, papà e una scatenata nonna interpretata da Fioretta Mari, non ne vogliono sapere. Feriti dalla loro indifferenza, i genitori inventano allora una bugia per costringerli a venire a casa: gli fanno credere di aver ereditato sei milioni di euro da un’anziana parente defunta. Allettati dai quattrini, i ragazzi si rifanno vivi, ma a quel punto, si crea una catena di equivoci che rischia di compromettere definitivamente l’equilibrio familiare. Ridendo, ma con moderazione, la storia stigmatizza la tendenza, molto nostrana, a soffocare i figli con eccessivo affetto, mettendo al contempo in risalto il crescente menefreghismo che caratterizza le generazioni dei millennial, cresciute nella bambagia, ma incapaci di restituire quell’amore che probabilmente gli è stato elargito con eccessiva magnanimità.