(di Antonella Putignano) “Ciao sono Mina, io ho visto che tu hai una canzone per me”. Racconta così Don Backy, durante l’intervista curata da Paolo Zefferi per il documentario Marasma, di Cinzia Lo Fazio per la regia di Luigi Perelli, vincitore del Caorle Film Award nel 2020 (premiato nella stessa edizione del Caorle Indipendent Film Festival come miglior documentario).
Il brano di cui parlava Don Backy nella telefonata della “tigre di Cremona”. in questione era Sognando: un capolavoro di poesia. Una fotografia musicale di rara intensità. Un testo che anticipava, di anni, la rivoluzione basagliana con la chiusura dei manicomi del 13 maggio del 1978. La canzone, scritta nel 1971 e uscita in un 45 giri autoprodotto, non ebbe affatto vita facile, come racconta lo stesso cantautore. Il brano, proposto per diverse edizioni del Festival di Sanremo, venne rifiutato . Ma si sa: Mina non è solo quella voce straordinaria, potente, duttile, carismatica – che tutti conosciamo e amiamo – ma è anche una grandissima talent scout. Una donna di grande sensibilità e intuito: la sua carriera incredibile, infatti, ce lo racconta – da sempre – molto bene. Così, nell’ottobre del 1976 – due anni prima della chiusura dei manicomi – La cantante incise Sognando nell’album Singolare e Plurale. Due anni dopo, sempre nel mese di ottobre, l’autore toscano decise di pubblicare la sua canzone anche in un album con lo stesso titolo Sognando. Il successo ottenuto con Mina, prima, e poi – nuovamente – nella versione cantata da Don Backy, permetteva a Sognando di accompagnare perfettamente, il senso della rivoluzione della legge 180 ad opera del “medico dei matti”, accendendo i riflettori sugli stati d’animo, sui sentimenti dei sofferenti psichici. Tracciando la strada per una scrittura nuova, inedita: un genere cantautorale che “apriva le porte” – non a caso – agli ultimi. Alle vittime del pregiudizio sociale. Del resto, nel bellissimo documentario di Sergio Zavoli, I Giardini di Abele, del 1969, alla domanda del giornalista “Lei è più interessato al malato o alla malattia ?”, lo psichiatra Franco Basaglia – all’epoca Direttore dell’Ospedale psichiatrico di Gorizia – rispondeva: “Decisamente il malato”.
Il fatto che Mina scelse di cantare la canzone di Don Backy significa che l’artista volle raccontare – attraverso la voce femminile – il senso profondo di solitudine e la condizione – ancora più dolorosa – della sofferenza psichica delle donne a causa dell’emarginazione legata ad un pregiudizio sulla malattia ancora più forte. Le due esecuzioni sono molto diverse tra loro. La canzone cantata da Mina risulta – all’ascolto – drammatica e dolce, allo stesso tempo, quasi una nenia malinconica e avvolgente. Il sentimento pervade il suono. Nella versione di Don Backy è la cronaca del dolore a farsi, a tratti, persino distaccata: quasi a raccontare il senso totale di straniamento del malato, che vive nell’indifferenza. Nell’incomprensione. Nell’esclusione. Nell’isolamento.
Dunque, se è vero che Basaglia è stato L’uomo che restituì la parola ai matti – titolo di un accurato libro di Nico Pitrelli dedicato alla rivoluzione basagliana – allora Don Backy è stato l’uomo che ha sdoganato l’argomento della follia in forma di canzone. Ottobre è il mese della salute mentale. In effetti, la canzone Sognando – nelle due diverse pubblicazioni – aveva – di parecchi anni – anticipato i tempi. Il 10 ottobre, da diverso tempo, si dedica una riflessione mondiale al tema della sofferenza psichica. C’è ancora tanto da fare per abbattere i muri invisibili del dolore. Basaglia aveva capito che più della guarigione è importante la cura. L’ascolto. Il dialogo con chi soffre. La dignità del malato. L’inclusione nel tessuto sociale. La pecora nera – titolo di un libro ed un film di Ascanio Celestini – è dunque chi soffre o chi non comprende, non riconosce e non accoglie la malattia?
La legge 180 ha chiuso i manicomi e aperto le porte alla speranza, al progresso, ai diritti. Perseguendo e “Sognando” un mondo migliore, e più giusto, per tutte e tutti.
Antonella Putignano