(di Walter De Stradis) «L’Egitto, come altri Paesi in questo momento (la Turchia, la Bielorussia ecc.), dispone di un regime che lo trasforma in un carcere a cielo aperto, ove, anche se sei libero, sei controllato in tutto quello che fai. Patrick Zaki in questo momento è libero, nel senso che è a casa, ma non ha i documenti, non può viaggiare, non può cercare un lavoro; insomma, non potrà avere una vita normale finché non ci sarà questo processo che viene rimandato continuamente».
A parlare è Gianluca Costantini, disegnatore e attivista per i diritti umani, presente il 19 ottobre scorso al Comicstore di Potenza per parlare (nel corso di un incontro in cartellone per il “Città delle Cento Scale Festival”) del libro a fumetti intitolato Patrick Zaki – Una storia egiziana (Feltrinelli), illustrato da lui e scritto dalla nota giornalista, esperta di Medio Oriente, Laura Cappon.
La storia, almeno in Italia, ha avuto una grossa eco mediatica e sociale. Il 7 febbraio 2020 Patrick Zaki – studente egiziano iscritto a un master in Studi di genere all’Università di Bologna e collaboratore di EIPR, l’Egyptian Initiative for Personal Rights – viene fermato all’aeroporto del Cairo, mentre sta tornando a casa. Cinque sono i capi d’accusa: minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di notizie false, propaganda per il terrorismo. Le “prove” sono dieci post su Facebook ritenuti non autentici dai suoi avvocati, che inciterebbero alla rivolta. Patrick è rimasto in detenzione preventiva per 22 mesi. Nel settembre del 2021 è stato rinviato a giudizio con l’accusa di diffusione di notizie false e per aver seminato il terrore fra la popolazione con un articolo sulla situazione della minoranza cristiana in Egitto. A dicembre il giudice ha deciso la sua scarcerazione, ma non lo ha assolto. La storia di Patrick Zaki ha generato una mobilitazione internazionale da parte di intellettuali, politici, giornalisti e associazioni umanitarie. La “sagoma” di Zaki, disegnata dallo stesso Costantini, ha contribuito non poco a imprimere il volto e la storia dello studente egiziano nell’immaginario e nelle coscienze italiane, tuttavia il suo non è un caso isolato: la dittatura egiziana di Abdel Fattah el-Sisi conta almeno 60.000 detenuti politici e utilizza le accuse di terrorismo contro gli attivisti e i dissidenti.
Ma lo stesso Gianluca Costantini (che nel 2019 ha ricevuto il premio Arte e diritti umani di Amnesty International), dal canto suo sta pagando uno scotto non da poco per le sue battaglie civili, essendo stato accusato di terrorismo dal governo turco, di antisemitismo dall’estrema destra americana ed essendo inviso allo stesso governo egiziano.
Gianluca Costantini, alla fine del libro c’è Zaki stesso che esprime il desiderio di incontrarla di persona, non appena sarà possibile. Cosa gli dirà?
Ci siamo già “incontrati” spesso su una chat video. Appena due giorni dopo che è stato liberato, lui ha voluto parlarmi, perché quando è uscito dal carcere ha visto tutto quello che avevamo fatto su di lui, e ha anche avuto la possibilità di leggere il libro pochi giorni prima che andasse in stampa. Per me è stato strano parlargli, perché “non esisteva”, era un disegno, avevo sostituito completamente la realtà, quando lui invece vive, respira, vuole fare tantissime cose! Pertanto non appena ci vedremo, credo che la prima cosa che diremo sarà di fare qualcosa insieme, sempre per i diritti umani, sicuramente per altri prigionieri politici egiziani.
Ha avuto modo di dare qualche indicazione sul fumetto?
Ha detto che quello che avevamo raccontato era quasi tutto perfetto, che l’indagine che aveva fatto Laura Cappon era vera, persino ciò che avevamo descritto del carcere: noi ovviamente non avevamo la sua testimonianza, bensì quella di altri prigionieri, che ci avevano descritto ciò che avviene lì dentro.
Dal punto di vista grafico, lei come si è orientato? Si è avvalso di foto, di tecniche digitali?
Tanto per cominciare, io in Egitto non posso andarci, poiché mi è vietato da quel governo. Pertanto non potevo fare un viaggio per conoscere Il Cairo, la città ove è ambientata la storia; dunque mi sono rifatto a migliaia di foto, a centinaia di profili social di persone che vivono in Egitto, anche nelle loro immagini di vita familiare, proprio per vedere come si comportano. E, sì, tutto il libro è stato disegnato in digitale, tramite tavoletta grafica (che ultimamente prediligo: a parità di risultati è anche più semplice e meno faticoso per me che sto invecchiando!). Ne risulta un lavoro a mio avviso ancora più dettagliato.
Che momento vive in Italia il “graphic journalism”, ovvero il giornalismo a fumetti?
Mah, ci sono delle “prove”, diciamo. In effetti di “graphic journalism” non ne esiste tanto, in tutto il mondo. Ci sono pochi disegnatori per ogni Paese, ma ogni tanto ci sono delle piccole cose, che vengono pubblicate sui quotidiani, sui settimanali, oltre che nei libri, che stanno facendo crescere questo genere di fumetto.
L’incontro al Comicstore è stato moderato dal vignettista potentino Giulio Laurenzi, con interventi del professor Francesco Scaringi, co-fondatore del “Città delle Cento Scale Festival”.