Con grande piacere oggi inizia una nuova rubrica di Antonella Putignano, che certamente sarà gradita dai nostri lettori. Antonella, con la sua ironia, l’ha intitolata “Io sono fotogenico” (come il titolo del film di Dino Risi con Renato Pozzetto). Ritratti di grandi personaggi del cinema e della televisione italiana. Conduttori, giornalisti, attori. Ma anche le grandi trasmissioni, le grandi inchieste, le serie tv. Partiamo con un grande della nostra televisione, Mike Bongiorno.
Renato Marengo
(di Antonella Putignano) Mike Bongiorno, nella sua lunghissima intensissima carriera, ha reclamizzato tanti prodotti, è stato testimonial di tante pubblicità, conduttore di Carosello e, lui stesso, proprio un vero Carosello in carne ed ossa. «Mike Bongiorno provava personalmente ogni prodotto, prima di sponsorizzarlo, lo poneva come condizione», come racconta Aldo Grasso al Corriere della Sera.
La Juventus, il calcio, la musica, le interviste, i quiz: che giornalista è stato Mike Bongiorno? Decisamente, molto diverso dall’amico Indro Montanelli, con il quale ha condiviso la prigionia durante la guerra. Che tipo di presentatore? Un genere unico ed inconfondibile: un conduttore capace di portare “allegria” nelle case con una faccia da “cumenda” imbronciato, e poca grazia nel portamento. Volto della Rai, prima. E, poi, garanzia di successo per il marchio Fininvest di Berlusconi. Un sodalizio, quello con le reti del Cavaliere, nato quasi da una diffidenza iniziale proprio da parte di Mike verso il Re delle reti private. “Era il 1977. Disse che voleva incontrarmi, ma io non avevo la più pallida idea di chi fosse. Chiesi in giro e mi dissero che era un costruttore, che aveva fatto Milano 2. All’inizio pensai addirittura che volesse vendermi un appartamento. Comunque accettai di vederlo e ci incontrammo in un ristorante. Dopo un quarto d’ora mi resi conto che quell’uomo era di una brillantezza incredibile e avrebbe fatto una grande carriera». Chissà se fu proprio “Milano 2”a suggerire a Mike di nominare le famose “buste” con “la uno, la due o la tree”? L’imitazione di Fiorello a Viva Radio 2, infatti, restituiva al carattere del “Bongiorno nazionale” tutta la simpatia: quell’incrocio irripetibile tra furbizia, leggerezza, svagatezza, professionalità. Umorismo naturale. Un vero “fenomeno”. E del “caso Mike” ne scrisse, con la consueta arguzia e intelligenza, Umberto Eco, in Fenomenologia di Mike Bongiorno, 1961. Definendo il conduttore “un mediocre”, il semiologo, in realtà, sottolineava, del presentatore, la capacità, straordinaria, quasi camaleontica, di adattarsi allo spettatore medio, tanto da condividere, con il pubblico, un sentimento di piena, reciproca, identificazione.
La carriera radiofonica e televisiva italiana dell’esordiente giornalista e conduttore si deve, anche, all’intuizione di Vittorio Veltroni, giornalista Rai, che consigliò al collega di prendere lezioni di dizione. Grazie alla perfetta conoscenza della lingua inglese, all’uso appropriato dell’italiano – ma anche ai suoi personali contatti con il mondo dell’intelligence Usa – Mike Bongiorno, nel ’52, si guadagna un grande scoop: l’intervista al presidente americano Dwight Eisenhower .
C’è unfilo sottile, eppure, estremamente sonoro, che attraversa la lunghissima vita professionale di Mike Bongiorno. Un percorso musicale: quasi “un motivetto” in sordina. Che rapporto ha avuto Mike Bongiorno con la musica, e che cosa c’entra la musica con la televisione di Mike Bongiorno? Intanto, l’esordio radiofonico con la “protezione musicale” del Maestro Lelio Luttazzi, proprio in occasione della trasmissione che ebbe il Presidente americano tra gli ospiti. E nel 1952, mentre Mike intervistava Eisenhower, uno dei musicisti e compositori più innovativi del Novecento, lo statunitense John Cage, a lungo ispiratore musicale del famoso coreografo Merce Cunningham, componeva uno dei brani più controversi ed evocativi del secolo scorso: 4 33’. Un lavoro che ha segnato un nuovo corso nella composizione contemporanea della musica, e nell’approccio all’ascolto, scardinando regole e paradigmi dati, prima di allora, per acquisiti. Nessuno avrebbe immaginato, se non per ragioni di provenienza, che il destino avrebbe fatto incontrare Mike Bongiorno e John Cage, in Italia, e proprio in occasione di una trasmissione di punta di Super Mike: Lascia o Raddoppia?, nel 1959, a Milano, presso gli studi Rai.
“Ahi ahi ahi, signor Cage, se lei ha sudato fino ad ora, suderà ancora di più quando sentirà la terza e ultima domanda per i suoi 5 milioni. Sig. Cage attenzione; ci dica il nome dei 24 generi di agarici e spore bianche enumerati nell’Atkinson”. La domanda è praticamente impossibile, ma Cage, concorrente del quiz, alternando inglese e italiano, con l’aiuto di Mike, risponde in ordine alfabetico. E vince. Cinque milioni, 120 mila lire al raddoppio finale. Una bella cifra: allora molto lontana dalle aspirazioni economiche del promettente musicista. Ovviamente, il soggiorno milanese del compositore non era casuale: fu grazie all’invito di Luciano Berio, nel ’58, che Cage iniziò a frequentare lo Studio di Fonologia della Rai di Milano, guidato dalle “orecchie assolute” dello stesso Berio e di Bruno Maderna. “Che farà ora mister Cage, tornerà in America?” Chiese il presentatore a Cage per congedarlo dal pubblico italiano. “Io torno in America, ma la mia musica resta”. E Mike, di rimando, “sarebbe stato meglio in contrario”.
Tra il 1967 e il 1970, Mike conduce, in radio, insieme a Paolo Limiti, il quiz di successo Ferma la Musica: l’orchestra è diretta da Gorni Kramer e Sauro Sili. E poi, certamente, a rendere il legame di Mike Bongiorno con la musica ancora più stretto è stato il Festival di Sanremo: il conduttore italoamericano ha presentato,pareggiando con Pippo Baudo, il numero più alto di edizioni della kermesse canora. Di musicale Mike Bongiorno aveva tante cose: la capacità di ascoltare, il tempo della battuta, le pause, l’energia. Si potrebbe dire che Mike era un “adagio con brio”. La sua “allegria” era contagiosa ma senza forzature, anzi, esattamente come il suo amico, e collega Corrado, si teneva persino un po’ di lato rispetto al suo personaggio. Era popolare, Mike Bongiorno. E con il suo modo di fare televisione, sembrava voler rendere eternamente grazie al pubblico, per avergli dato una grande occasione: quella di fare un lavoro che amava. E lo faceva bene. Con grande cura e grande rispetto. E questo lo hanno capito tutti: anche quelli che i suoi programmi non li guardavano. Mike Bongiorno è morto l’8 settembre del 2009, ma non è mai uscito dalle case degli italiani.
di Antonella Putignano