In occasione della presentazione a Venezia di Ritorno al presente di Max Nardari, dopo tanto aver parlato di questo lavoro coraggioso ed ironico, abbiamo voluto fare alcune domande al cast: a cominciare dallo stesso regista Nardari. Ma abbiamo sentito, e ci hanno tutti regalato risposte molto interessanti da Daniela Poggi a Clizia Fornasier e Attilio Fontana.

 

Il racconto per cortometraggio: una forma espressiva molto vicina ai nostri giorni.
Max Nardari
Il cortometraggio rimane una forma espressiva molto adatta ai giorni nostri, essendo un mondo sempre più veloce, disattento, che ha voglia di provare emozioni forti in breve tempo. Il cortometraggio è una forma che ho sempre amato, ho fatto dei film tratti dai miei stessi corti come Lui e l’altro, un corto girato con Alessandro Borghi che mi ha portato poi ad un film, La mia famiglia a soqquadro nasce da un cortometraggio ed in questo caso, Ritorno al presente, nasce anche come un teaser del film. Quando giro dei corti o li scrivo con i miei coautori possono sembrare un po’ atipici in quanto non raccontano pezzi di vita brevi o momenti flash ma sono sempre narrativi. Anche in questo caso c’è un arco narrativo non breve: tutto il periodo in cui la nostra Palmira farà un percorso di trasformazione attraverso l’influenza di Katiuscia, passano quindi vari giorni ed infatti nel lungometraggio, che poi abbiamo scritto, la storia si sviluppa in modo molto particolare.
Il corto Ritorno al presente è nato quindi come teaser per un film: parla di una donna che esce dal coma e si ritrova in un mondo completamente nuovo, nel lungometraggio vorrei raccontare in modo più dettagliato la vita di questa ragazza negli anni ‘90, parlare di più del periodo e rivolgermi ad un pubblico kids (giovanissimi) per poi raccontare questo incidente scatenante che la porta a ritrovarsi molto più grande. Ci sono due linee narrative: la Palmira da giovane e da grande con le relative amicizie e con le difficoltà di trovarsi di fronte ad amiche attrici che sono diventate famose nel tempo, bisogna capire quanto sono diventate famose ed in che modo. Il messaggio che si vuole trasmettere con questo film è proprio quello del successo vero, quello interiore e del ritorno al presente. Nel lungometraggio verrà affrontato anche il successo effimero di un reality. Speriamo di girarlo in Veneto.


Il cinema che racconta i social: un modo molto interessante per guardare da fuori questa realtà sempre più invasiva.
Daniela Poggi
In realtà il cinema ha sempre guardato il quotidiano, la società, la politica, la cultura. E’ sempre stata una forma di fotografia per ciò che viene vissuto nel quotidiano o di ciò che è stato vissuto in passato e che ha rappresentato la storia. Il cinema fotografa quello che è l’attualità, sempre. Guardare i social dal di fuori, attraverso la scrittura cinematografica è un modo per raccontare come noi stiamo vivendo la dipendenza, la fragilità, la solitudine, la follia, la mania, questo bisogno costante di apparire per sentirsi vivi ed importanti. Mi sembra una grande opportunità, non sono stati raccontati molti film sui social, quindi sono contenta che noi poniamo l’attenzione su questo aspetto, sul modo per riflettere su come stiamo vivendo attraverso il nostro cortometraggio. Lo facciamo in modo divertente, brillante, con un pizzico di ironia e di sarcasmo ma definiamo anche un momento storico del nostro quotidiano, della nostra realtà che mi sembra un po’ paradossale.


Una domanda è d’obbligo: quanto impattano i social nella vita di un artista?

Clizia Fornasier
Ad oggi è necessario per noi artisti avere un social, in particolar modo Instagram.
Ormai si comunica in questo modo, ci si fa conoscere così e si è obbligati a prestare attenzione ai social quotidianamente. Da una parte è ingiusto, molti casting vengono fatti attraverso i social, vengono controllate le pagine social degli artisti, vedono il tipo ed il numero di interazione che si ha, la risposta che il pubblico ha dei contenuti. Questa cosa può far pendere dalla tua parte o meno. Io sono una persona piuttosto aperta ma ci tengo a raccontare qualcosa, non sono mai stata una a cui piace pubblicare e mostrare cosa ha mangiato oggi, il colore del proprio smalto…Mi piace avere dei contenuti da condividere, altrimenti non ne vale la pena. Penso che l’avvento dei social abbia modificato per sempre quella che sarà la vita di un artista in positivo e in negativo: in negativo perché non credo nasceranno più delle “divinità” dell’arte in quanto siamo tutti costantemente accessibili, d’altro canto i social danno voce democraticamente anche a chi non è ascoltato. Diventa un pò un palcoscenico, inizialmente nudo, dove porti il tuo e la gente risponde a quello che tu sei, può essere l’occasione di scoprire un talento. Purtroppo si può diventare famosi anche per delle sciocchezze, altro punto a sfavore dei social. Non so quindi se i social impattano positivamente o negativamente ma so che impattano. Hanno cambiato per sempre la vita degli artisti.

Attilio Fontana
I social ci hanno assolutamente trasformato. Gli stessi agenti di cinema vanno su Instagram e non più sull’annuario degli attori. C’è quindi quest’ansia da prestazione perché si deve essere attivi, per forza, anche sui social, a prescindere dal fatto che tu sia uno scrittore, un astronauta o un attore devi comunque avere anche quella parte che permette al pubblico di conoscere ogni aspetto della tua vita. E’ un mondo fatto di numeri, è come se il diritto di fare qualsiasi cosa dipendesse dal numero dei followers. Questo mi terrorizza. I social possono però anche essere degli strumenti per condividere contenuti interessanti, secondo me andrebbero trasformati in un’arma per poter dire la tua, fare cultura.
Il social è uno strumento che dovrebbe essere usato sempre meglio.

Daniela Poggi
Ci sono degli artisti che non fanno minimamente uso dei social, altri ne sono dipendenti e altri ancora, tra cui io, ne fanno un uso per comunicare il proprio lavoro. Una volta esisteva l’ufficio stampa che mandava il comunicato stampa all’ANSA, veniva poi ripreso dai quotidiani, in cui si comunicava il progetto dell’attore anche per stimolare i giornalisti a interessarsi a quel determinato attore. Per me il social è diventato una sorta di ufficio stampa virtuale, comunico i miei progetti ed anche delle battaglie ambientali, animaliste, sociali e culturali. Non dovrebbero impattare sulla scelta di prendere un artista piuttosto di un altro sulla base del numero di followers ma purtroppo mi è stato detto così da molti giovani. Se fosse veramente così mi dispiacerebbe tantissimo perché i followers non determinano la bravura, il merito e il talento di quell’artista. Sono assolutamente deleterie queste scelte fatte attraverso i social.

 

La conclusione? Un corto decisamente da vedere!