In occasione dell’inizio delle riprese del film Senza Età, di cui vi avevamo già annunciato il primo ciak, abbiamo voluto fare alcune domande al regista Stefano Usardi su questo road movie dall’Italia alla Spagna. 

 

 

Ti sei tuffato in un vero e proprio road movie, con alcuni riferimenti importanti alla grande storia del cinema: ce ne vuoi parlare?

Beh, sicuramente il primo riferimento va a Michelangelo Antonioni con Professione Reporter, di cui non solo parleremo nel film, ma che citeremo direttamente girando alcune scene nello stesso hotel Costasol ad Almeria. 

Poi molti riferimenti alla terra del cinema di Tabernas con Sergio Leone e i suoi aridi paesaggi. In generale, poi, nel film, ci saranno molte citazioni a film del passato, ma anche ad alcuni miei film del futuro.

Che cosa sa dirci ancora oggi la struttura narrativa di un road movie?

In un momento così statico dal punto di vista sociale, con le frontiere che continuano ad alzarsi quotidianamente, questo film, che attraversa tre stati europei, in cui si parlano tre lingue, mi sembra possa rappresentare una ennesima conferma che viaggiare unisce. Per quanto ci riguarda la struttura del film, con una meta precisa, aiuta sicuramente a non perdersi troppo in mosaici di senso di cui siamo solitamente autori. Anche se è una caratteristica che ad alcuni piace molto. In questo caso, anche realizzando il film in ordine di scene, ci ha reso tutto più semplice. Nonostante dal punto di vista energetico i costi siano molto alti.

Come hai scelto le tappe di questo viaggio?

Come Anna e Pietro, calcolando i tempi del percorso in base alla loro esigenza di arrivare ad Almeria per la Vergine del Mare. 

Raccontaci qualcosa della tua scelta degli interpreti e del tuo rapporto con loro

Molti incontri, alcune coincidenze casuali, che mi piacciono particolarmente, e molta pazienza. Abbiamo cercato di creare un equilibrio tra le caratteristiche dei vari interpreti. Inoltre, con le difficoltà di produzione, era importante ci fosse molta fiducia tra di noi. Che per ora sta continuando.

Una troupe al femminile, se pur non integralmente: come mai?

Senza nessuna esigenza particolare. Non ci siamo posti nessun obbligo. Se poi devo dire la mia, preferisco una troupe a maggioranza femminile, soprattutto per la tranquillità generale. Ad ogni modo è tutto molto naturale. E c’è anche da dire che la maggioranza di noi è sempre la stessa, quindi negli anni ci siamo tutti molto affezionati. E questo viaggio ci sta mettendo alla prova. Ma per ora sembra un sogno. Come dice la protagonista.