Claire Audrin, la cantautrice che “suonava gli oggetti”, tra web, strade di Londra e grandi palchi, torna con un secondo album cosmopolita fluido e contemporaneo, Hybrido, già disponibile su tutte le piattaforme.

Felicità, depressione, amore, ma anche ambiente, viaggi e visioni: a partire dal singolo di debutto italiano, Sospesa (uscito nel 2021), con Hybrido Claire si conferma una cantastorie contemporanea e le storie a cui dà corpo, trasformando la sua personale esperienza in narrazione condivisa, sono quelle di ragazze e ragazzi alla ricerca della libertà, alla ricerca del coraggio di esprimersi e di essere. Tante sono le storie che s’immedesimano nella sua voce, come testimonia Spotify, che la inserisce nelle playlist “Equal” e “Scuola Indie”.

Ricerca della libertà, ricerca del coraggio di esprimersi e di essere: Claire, come si comunicano queste sensazioni con la musica?

Quando scrivo una canzone mi sono sempre sentita molto libera di dire e raccontare qualsiasi cosa. Sicuramente in un testo di una canzone si può essere più o meno diretti, poetici e usare delle allegorie, anche se i testi più diretti sono quelli che preferisco perché sono più simili a un discorso a tu per tu. Rispetto a una chiacchierata, oltre alle parole, la linea melodica e l’armonia di una canzone possono enfatizzare il messaggio.

A un anno di distanza dall’uscita di Sospesa, cosa c’è di diverso di Claire Audrin in Hybrido?

Hybrido è composto da nove tracce. Quasi metà di queste erano già uscite come singoli, poi ho sentito la necessità di inserirle in un contenitore. Il nome è Hybrido perché le canzoni che lo compongono spaziano dal genere pop a quello della soundtrack: ci sono diversi brani che hanno una dimensione molto intima, come “Viaggio”, “Tu” e “Valley”, altri più pop come “D-Dance”, “Sospesa”, “Tra le onde”.

“D-Dance” racconta delle ferite lasciate da una storia finita, “Sospesa” di una rinascita dopo un rapporto nocivo, “Viaggio” è un percorso interiore tra felicità e depressione, “Tra le onde” è la speranza di riaccendere un amore appassito. Queste sono solo alcune delle tracce di Hybrido, che raccontano un mescolarsi di emozioni continuo. Qual è il punto d’arrivo di questo viaggio?

Credo che il punto d’arrivo di questo viaggio sia semplicemente quello di superare i miei drammi. Molti dei miei brani sono per me una sorta di terapia, come ad esempio nel brano “Sospesa”: ho avuto bisogno di sfogare le mie frustrazioni nei confronti di un rapporto nocivo che stavo vivendo, scriverle, rileggerle e poi reagire. “Sospesa” rappresenta un consiglio che ho dato a me stessa, ovvero quello di tornare libera. Alcune canzoni sono come pagine di diario per me e nelle parole scritte senza pensarci troppo ci sono tante verità nascoste.

“Viaggio” è un percorso interiore tra i confini della felicità e della depressione. Come si coniugano queste due emozioni apparentemente così distanti nella stessa traccia?

“Viaggio” è un brano che ho scritto durante il lockdown. È una riflessione sul valore del tempo che scivola via e sul valore della libertà che non ti costringe a “guardare fuori attraverso un vetro”. È un viaggio interiore dove la “cima più alta” della montagna rappresenta il picco massimo della felicità, sulla quale regna la tranquillità per potersi addormentare, sognare ed essere svegliati da un raggio di sole. A valle invece c’è l’Apocalisse, la realtà dalla quale è difficile tornare indietro, dove le stelle si trasformano in meteoriti che piovono sulla Terra.

“Valley” è un viaggio in terre sconosciute e il desiderio di fondersi con la natura e le sue bellezze. Una traccia diversa dalle altre di “Hybrido”. Da dove nasce?

“Valley” è un brano che nasce per essere sincronizzato sul docufilm Il vecchio e la bambina, diretto da Sebastiano Rizzo con Totò Onnis, Maria Grazia Cucinotta e Giada Fortini. Il testo nasce dall’esigenza del regista di ripercorrere e descrivere i luoghi visitati e vissuti da Ernest Hemingway durante la Grande Guerra, girato tra le splendide location del Veneto.