In occasione della “Giornata nazionale di Sensibilizzazione contro il Gioco d’azzardo”, da venerdì 20 maggio è disponibile in esclusiva su RaiPlay il corto Magic Show, diretto da Andrea Traina e interpretato da Nino Frassica.

Il protagonista della storia è Ulisse Poidomani, un uomo che ha lentamente mortificato ogni passione, soffocato ogni fantasia, strangolato ogni aspetto genuinamente ludico della sua vita. Un uomo che ha smesso di sorridere. Da bambino, invece, quando il verbo “giocare” aveva ben altro significato e i suoi occhi grandi consumavano avidamente le vignette colorate degli album di Mandrake, era ossessivamente affascinato dalla magia. Ma oggi, di quella magia, nella sua vita, non è rimasto più nulla. Ulisse ha 65 anni ed è un ex imprenditore che ha visto disintegrarsi in pochi anni tutto ciò che aveva costruito con fatica, a partire dal momento in cui è precipitato nel baratro senza fondo della dipendenza da gioco d’azzardo. Costretto a spiare la vita della figlia da lontano, vive ormai isolato in una casa che ha inesorabilmente spogliato di ogni lusso per alimentare il suo vizio. Ma neanche questo è bastato a saziare il mostro che lo divora giorno dopo giorno. È stato costretto a mettersi nelle mani di spietati usurai con cui ora ha un grosso debito da saldare. E quella è gente che non scherza: se entro ventiquattr’ore non troverà la somma di interessi che deve loro, hanno già minacciato infauste conseguenze sul nipotino col quale, per altro, a Ulisse è negata ogni frequentazione. Insomma, dal maledetto giorno di quella prima, innocente giocata, la sua vita ha preso una direzione fatale, è un treno in corsa destinato a schiantarsi contro un destino ineluttabile: finire ucciso il prossimo martedì grasso, mentre cerca goffamente di rapinare il bar nel quale perde ogni giorno tutti i suoi soldi. Ma… Una notte, vagabondando insonne dopo aver bruciato come sempre nelle macchinette tutto quello che aveva in tasca, un’insolita nebbiolina si solleva all’improvviso ad avvolgere tutto. È in questa atmosfera lattiginosa e ovattata che nota per la prima volta l’insegna sfarfallante del “Magic Show”, il pittoresco localino dall’aria retrò in cui avviene l’imprevedibile incontro con una giovane artista, Luna.

Spiega il regista Andrea Traina: «Il corto Magic Show si ispira a un cinema che scende in profondità ma senza diventare didascalico, capace di tratteggiare un’intera esistenza con la sola forza di uno sguardo coerente, scrupoloso; che invece di ricorrere a facili semplificazioni, restituisce la complessità del tema della ludopatia attraverso la suggestione, il linguaggio sofisticato ma non criptico. Un cinema consapevole, che ancorandosi ai codici del genere costruisce il suo racconto su un terreno condiviso con lo spettatore, e tuttavia sovverte quegli stessi codici in modo inaspettato, per colpirlo dritto all’anima, evitando di catechizzare e investendolo invece con un universo sensoriale verso il quale non può opporre difese intellettuali. Magic Show arriva al cuore prima ancora di passare per il cervello, sfruttando la potenza di una narrazione raffinata per instillare nel pensiero dello spettatore il germe del cambiamento sociale».

In Italia è ormai evidente da anni una nuova dipendenza legata al gioco d’azzardo. I dati ci parlano di una spesa di circa ottantacinque miliardi di euro annui solo per il gioco legale, escluso quindi quello illegale e il gioco online. I problemi creati dalla “ludopatia” non sono solo quelli economici e finanziari e influiscono spesso sul complesso sistema di relazioni della vita quotidiana. Il tarlo del gioco penetra subdolamente nella vita della persona, in quanto il gioco è largamente diffuso e accettato, e perfino massicciamente pubblicizzato, in una sorta di schizofrenia in cui lo Stato da un lato invita al gioco e ne incassa parte dei proventi, dall’altro spende dena-ro pubblico per “disintossicare” i giocatori compulsivi. Il gioco patologico, inoltre, non travolge il solo giocatore, ma coinvolge tutto l’insieme delle sue relazioni: la famiglia, le amicizie, il lavoro. Non sembra ci sia la giusta percezione della gravità del problema: il giocatore non è come l’alcolista o il tossicodipendente, che sente sul suo corpo gli effetti del proprio vizio; il gioco d’azzardo non riceve lo stesso stigma sociale, come se non fosse altrettanto socialmente nefasto. Da qui, la necessità di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle reali caratteristiche del fenomeno e sulle sue conseguenze sociali, sanitarie ed economiche. Ma sensibilizzare vuol dire qualcosa di più che informare. Per chi lavora per la salute pubblica, l’obiettivo è creare un cambiamento reale e sostanziale.