(di Antonella Putignano) Settanta candeline per un artista che ha sette vite come i gatti. David Byrne, cantautore, ex leader dei Talking Heads, continua la sua inarrestabile carriera senza etichette né barriere di genere. Tra le sue caratteristiche: l’imprevedibilità, il carisma, lo stile.

Scozzese di nascita, il cantautore naturalizzato americano ha incarnato, come pochi musicisti ed artisti al mondo, il fermento, la vitalità, la fame di ricerca di quella New York mai sazia e mai stanca degli anni ’70. Nel 1974, i Talking Heads debuttano con l’album Love Goes to Building Fire, per poi centrare il bersaglio e conquistare l’attenzione di Brian Eno nel 1977, pubblicando, appunto, Talking Heads ’77, che raccoglie brani come Psyco Killer. Sarà, dunque, il produttore americano a promuovere il disco successivo, More Songs About Buildings and Food.

La critica musicale ha sempre trovato molti modi per raccontare la cifra stilistica dei Talking Heads, e, successivamente, quella del cantautore solista Byrne: New Wave? Post Punk? Rock? Funky? Tribale? Di tutto un po’, e al massimo livello. Mister Byrne, fin dagli esordi, regala al pubblico delle performance molto particolari, assolutamente uniche, e non solo vocalmente. La presenza scenica, la naturale attitudine coreografica diventano dei marchi di fabbrica del suo fare musica. Surrealismo? Avanguardia? Pop Art? Semplicemente, David Byrne. La sua versatilità artistica e il talento d’autore lo mettono in condizione di scrivere per situazioni e ambiti artistici diversi: album cantautorali, musica sperimentale, cinema, teatro, balletto. E tanto altro.

Nel 1987, la collaborazione con Ryuchi Sakamoto e Cong Su gli fa vincere un Oscar per la colonna sonora del film L’Ultimo imperatore, di Bernardo Bertolucci. Anche dopo lo scioglimento della band, nel 1991, la sintonia artistica tra Byrne e Brian Eno continuerà a dare succosi frutti: nel 2008, infatti, la coppia pubblica l’album Everything That Happens Will Happen Today, a distanza di anni da My Life in the Bush of Ghosts del 1981.

Nel 2011 Paolo Sorrentino firma il suo film This must be the Place, affidando la colonna sonora proprio ai Talking Heads. E, pochi anni dopo, nel 2015, il regista napoletano, durante la premiazione con l’Oscar per il film La grande bellezza, racconterà della sua passione per la band capitanata da Byrne. Negli ultimi tempi, l’ex Talking Head ha collaborato con molti artisti: tra i tanti Fatboy Slim e St. Vincent. Una carriera sempre in salita. Con la testa ed i testi sulle spalle.

Antonella Putignano