(di Antonella Putignano) Una copertina enigmatica in bianco e nero. Gli U2 allo Zabriskie Point in una posa completamente decentrata rispetto al cuore della foto. Un cambio di prospettiva, lo sguardo rivolto all’America: quella di The Joshua Tree.
Uno dei capolavori assoluti della discografia della rock band irlandese, uscito il 9 marzo 1987. Tra i dischi più ascoltati dagli amanti degli U2, e non solo. Gli stessi artisti continuano a celebrare, nel corso della loro lunga carriera, il successo dell’album ristampandolo, rivisitandolo e arricchendolo di inediti. Trent’anni dalla prima pubblicazione, non a caso, Bono e gli altri hanno dedicato proprio a The Joshua Tree un nuovo tour estivo, passando, anche, per lo Stadio Olimpico di Roma nelle date del 15 e 16 luglio. Il primo tour dell’album fu ospitato dalla Capitale nello Stadio Flaminio: un concerto che divenne, davvero, un evento storico. L’America di The Joshua Tree è un contenitore di citazioni, di riferimenti alla storia: una cartolina musicale del paesaggio americano con le sue contraddizioni.
Il rock si fonde con le ballads, con il blues, il country, mentre si fa largo un’ inedita atmosfera sperimentale: l’album, infatti, è prodotto da Brian Eno insieme a Daniel Lanois. Il brano Where the streets have no name è il primo singolo del disco: la canzone, accompagnata da un video altrettanto potente ed evocativo, diventa, immediatamente, un manifesto culturale. Tutte le strade senza nome che aspettano un racconto per venire alla luce.
Antonella Putignano