Tre grandi firme del jazz italiano e internazionale insieme per un inedito Ulisse in musica: è Folds of Time, un’avventura musicale tra il jazz e la metafisica pensando a John Coltrane. Ce ne parla, il pianista Louis Siciliano, che ha dato vita allo straordinario video-album insieme con il bassista Roberto Bellatalla e il batterista Mauro Salvatore.

Louis, da Ulisse a Coltrane, fino al tuo traguardo di oggi con il MUMEx Trio e Folds of Time: qual è il fil rouge di questo percorso?

La sofferenza, o ancora meglio l’insofferenza, l’inquietudine che è stata commutata dopo un lungo percorso in gioia. La musica è innanzitutto gioia e la creazione è un gioco sublime. Nel senso alto, mozartiano del termine, oserei dire. È stato un lungo lavoro di scavo. Scavo in me stesso, scavo nei suoni, cerco di scendere in profondità nelle cose. Ovviamente ci vuole tanta umiltà. Se non sei umile con Madre Musica, la sua Luce non ti si rivela. L’arte tutta è un percorso spirituale, una spiritualità lontana dai dogmi e dai centri di potere. È un sentiero faticosissimo che non finisce mai. Se hai una forte verità che porti dentro e che ti sorregge, allora quando cadi, probabilmente riuscirai a rialzarti. Altrimenti vieni ritirato giù dalle correnti della banalità e dalle lusinghe dell’Ego che è sempre in agguato. Donarsi senza pretendere nulla in cambio alla Musica, essergli totalmente devoto. Questo è il fil rouge che lega questo percorso. Considero Folds of Time la prima tappa di un nuovo viaggio. Come vedete ce n’è di strada da fare.

Tu sei anche maestro nella composizione di musica per immagini e per film: questa esperienza come si riversa nel nuovo progetto del video album?

Maestro è una bella parola e significa tanto. Spero di meritarmela. Per anni non mi sono sentito all’altezza dei miei maestri: Charlie Parker, Monk, Trane, Bill Evans, Michael Brecker, Joe Zawinul o il mio mentore Wayne Shorter. Lavoravo diciotto ore al giorno sui suoni sperando un giorno di poter arrivare almeno a iniziare a “fare musica”. Il cinema mi ha dato da vivere, ha fatto in modo che non andassi sotto i ponti, perché il rischio reale c’era. Oggi il cinema è lontano da me e sono sempre più catalizzato da quella che è la mia missione: suonare dal vivo. Stamattina mi ha chiamato un grosso agente dalla Germania dicendo che il mio progetto musicale, dopo aver visto più di una volta il video-album, è la cosa più profonda e poetica che abbia ascoltato negli ultimi anni. Mentre questa persona che ha lavorato con decine di grandissimi artisti parlava, avevo le lacrime che mi attraversavano gli occhi perché non potete capire cosa c’è dietro la mia musica. Dovremmo scrivere un libro:) Parlando del video-album: Roberto Bellatalla al contrabbasso, Mauro Salvatore alla batteria ed io, volevamo condividere con la gente qualcosa di estremamente vero e diretto. Senza sovraregistrazioni ed espedienti tecnologici. Visto che non c’era la possibilità di poter suonare dal vivo, che rimane sempre l’espressione più alta della musica, sia per chi la produce che per chi ne gode l’ascolto, volevamo a tutti i costi sbarazzarci dei vari trucchetti che oggi si fanno in studio e far vivere agli ascoltatori un’esperienza. Un’esperienza del suono MUMEx che prende il nome dal mio libro Multiverse Music Exploration: a New Cosmology of Sound.

Qual è il tuo strumento musicale d’elezione? 

Ho una collezione di circa ottocento strumenti musicali provenienti da tutte le parti del mondo e di differenti epoche storiche. Ho prototipi di strumenti avveniristici che arrivano direttamente dal futuro. Alcuni di questi strumenti li ho progettati io e li ha realizzati il grande liutaio Gabriele Bombardi, che è un mago in queste cose. Addirittura in un paio di colonne sonore che ho fatto ormai vite fa mi sembra, mi viene in mente My Italy di Bruno Colella, ho suonato e registrato più di ottanta strumenti da solo. Non contento di tutto ciò ho anche fatto un tour che prevedeva sul palcoscenico una cinquantina di strumenti. Vi lascio immaginare, iniziavo a montare gli strumenti alle 3 del pomeriggio per suonare poi alle 21. Un vera e propria Odissea. Diciamo che per un compositore ogni strumento rappresenta un’opportunità e un differente percorso dell’atto creativo. Dopo l’esperienza di andare in giro in tour con cinquanta strumenti, con l’età un briciolo di saggezza la si deve pur acquisire, non trovate? Ho deciso, nelle mie performance dal vivo, di sintetizzare l’essenza di tutti questi strumenti attraverso il pianoforte, le tastiere e i synth che suono da compositore, perché MUMEx è in primis composizione in tempo reale.

Pensando alla tua lunga carriera e alle esperienze passate, quali sono i lavori a cui sei più legato? 

Ho dovuto tradurre qualche giorno fa ad un giornalista che è morto dalle risate mentre facevo un’intervista per un importantissimo giornale californiano la seguente espressione: “Ogni scarrafone e’ bello a’ mamma soja” (citando anche il grande Pino). È proprio così! Per ognuno di noi che facciamo musica, quando si realizza un album o un progetto è per noi come un figlio. Non vorrei esagerare nel dire che è come un vero e proprio parto. Per me che amo sempre vivere nel presente e cerco di non proiettarmi Folds of Time è il progetto al quale sono legato, anche se sto registrando un nuovo album che uscirà nel 2023.

Quale pensi sia il futuro della musica? 

Il futuro è vivere bene il presente. Per me il futuro non esiste! Mi dico ogni giorno “vivi il qui e ora con consapevolezza e apertura”. Mi auguro che questo sia un presente di concerti e di arti performative dal vivo. Il mondo, la gente ha bisogno di connettersi. Connettersi agli altri, connettersi alla natura, connettersi al proprio modo di essere senza snaturarsi. Credo che questa sarà un’esigenza molto forte per tutti noi dopo l’esperienza della pandemia.