(di Lorenzo Meloni) Dopo i continui rimandi causati dalla pandemia è finalmente in sala Assassinio sul Nilo, il sequel del fortunato Assassinio sull’Orient Express (2017). Il battello “Queen of the Nile” risale il fiume dei faraoni per una crociera da sogno a base di miliardari, ereditiere, cuori spezzati e risentimento. La ricetta perfetta per un omicidio.
Il genio compulsivo di Hercule Poirot è di nuovo alle prese con un mistero apparentemente insolubile. Ma stavolta venirne a capo significa confrontarsi con la parte nascosta di se stesso, andando all’origine della frattura esistenziale che facendolo arretrare dal mondo l’ha reso un così brillante osservatore dei suoi meccanismi segreti.
Adattando nuovamente uno dei testi più celebri di Agatha Christie, Branagh continua la missione iniziata cinque anni fa: resuscitare il giallo classico (mai davvero morto come dimostra anche Knives Out) e un certo cinema turistico in confezione superlusso che andava forte negli anni Sessanta. E aggiornare entrambi alla mentalità franchise-oriented di oggi. Col suo maggior scavo psicologico, Assassinio sul Nilo è un po’ il racconto di origini del supereroe Poirot. Se piace il genere l’operazione può dirsi riuscita, anche grazie a un cast sorprendentemente ben amalgamato. Che il dittico possa diventare una trilogia?