(di Antonella Putignano) Qualcuno diede l’ordine di sparare, in quella domenica di protesta, a Derry, nell’Irlanda del Nord. E qualcuno lo fece. Il primo Battaglione Paracadutisti  britannico aprì il fuoco sulla folla di manifestanti. Colpi ad altezza d’uomo. Quattrodici i morti. Solo di recente la storia ha iniziato a pareggiare i conti con quella maledetta storia chiamata Bloody Sunday: quel tragico giorno di strage di innocenti che poi segnò l’ascesa dell’Ira, l’inizio di scontri sempre più violenti violenti in un clima di crescente tensione.

M’è capitato d’essere in auto quando in radio è passata una delle nostre canzoni e sono diventato rosso dall’imbarazzo”. Così si è espresso, recentemente, Bono Vox, riguardo al repertorio della sua band.  Ovviamente, i  “fedelissimi” degli U2 non possono che sorridere,  con ironia, e  godersi l’ascolto dell’intera produzione, ricca e diversa, della band irlandese.  War, l’album degli U2 del 1983, è, oggi e sempre, un capolavoro di  musica, politica, giustizia.  Il disco ospitava uno dei brani destinati a diventare poesia,  memoria: il richiamo  alla coscienza collettiva. Il brano era  Sunday Bloody Sunday, appunto. Molto più di una canzone. Il film di  Paul Greengrass, Bloody Sunday, del 2002, non a caso, sceglie di affidare solo ad una colonna sonora  il commento musicale del film; ovviamente, il brano che si sente durante i titoli di coda è Sunday Bloody Sunday, degli U2. Una sola musica, come a dire: c’è un solo modo di raccontare. E i fatti sono andati così.

Antonella Putignano