(di Giorgio Cavagnaro) Non c’è dubbio: un certo tipo di film non andrebbe visto in Tv. Gli effetti speciali, che nel buio della sala cinematografica ti ipnotizzano creando un transfer da rapimento mistico e sensuale, non sono roba da salotto di casa, con birretta, gatto acciambellato e rutto libero.

Sto parlando di Tenet, ultima fatica del pur bravo Christopher Nolan. Fatica, appunto. Sarà perché il comodissimo divano era il mio, e tutto il resto dell’armamentario casalingo pure, ma ho fatto davvero fatica a ingoiare le due ore e mezza di questo film aggrovigliato, interminabile, eccessivamente ambizioso nelle intenzioni, assai deludente nei fatti.

Memento mi aveva esaltato, vent’anni fa. Un capolavoro in cui lo sforzo di attenzione chiesto a noi spettatori era ampiamente giustificato da una regia funambolica e da una storia intrigante come poche. Nolan è un fuoriclasse, capace di capolavori come la trilogia di Batman, come il sottovalutato The Prestige, come Interstellar, che nel cor ci sta.

Si vede che ogni tanto il cinquantenne londinese ha bisogno di prendere una musata, come avvenne ad esempio con Inception, per recuperare il senso della misura necessario a evitare  trucchetti che a noi personalmente, decrepiti come siamo, hanno ricordato certe scene di Carosello girate al contrario, con la bottiglia di Kambusa l’amaricante che sgorga magicamente dal mare e finisce senza fallo tra le mani sicure del cameriere.

Poco azzeccato anche il cast, con l’eccezione della folgorante Elizabeth Debicki, ammaliante parigina d’Australia di cui ci siamo puntualmente innamorati. È già qualcosa.