Circondati dalla magia delle opere fotografiche di Vittorio Storaro, a Roma, presso “La Nuova Pesa”, centro per l’arte contemporanea diretto da Simona Marchini, si è tenuta la presentazione de La Civiltà Romana, la mostra del direttore della fotografia tre volte premio Oscar (Apocalypse Now, 1980; Reds, 1982; L’ultimo imperatore, 1988), che resterà esposta nella galleria di Via del Corso da giovedì 17 giugno e fino al 10 settembre 2021.
Le immagini incorniciate come quadri – che immortalano e mettono insieme scorci, opere d’arte, dettagli di monumenti storici e angoli della città di Roma – sono delle composizioni fotografiche che sfumano in vere e proprie opere pittoriche. Per la prima volta vengono esposte in Italia. Realizzate in doppia esposizione all’interno di uno stesso fotogramma, danno vita a un progetto visivo unico, che è anche un viaggio nella memoria del tempo.
Una soluzione visiva che in qualche modo ricorda quella sperimentata dal Maestro in un piccolo grande film del 1982 diretto da Francis Ford Coppola, Un sogno lungo un giorno (One from the Heart). In quella pellicola, ambientata in una Las Vegas satura di colori caldi e avvolgenti, in alcune scene i due protagonisti si muovono su due piani diversi, ma nello stesso fotogramma, come in una doppia esposizione. Lontani e vicini allo stesso tempo. Con il regista di Un sogno lungo un giorno, Storaro ha lavorato in quattro film, una collaborazione proficua e fondamentale per le reciproche carriere, ma il suo percorso di ricerca sulla luce, quello «scrivere con la luce» che ha caratterizzato tutti i suoi lavori, parte da molto lontano. «Chi mi ha insegnato tanto è stato Luca Ronconi. E non a teatro, ma in tv, quando abbiamo fatto l’Orlando Furioso». Quello storico sceneggiato, adattamento televisivo dell’omonimo spettacolo teatrale dello stesso Ronconi, consisteva in una messa scena sperimentale del poema di Ludovico Ariosto. Una trasposizione rivoluzionaria per l’epoca, ma lo sarebbe anche oggi, trasmessa in prima serata, nella quale fra gli elementi della scenografia c’erano anche le macchine da presa, ben visibili sulla scena e in campo. Ebbene era il febbraio del 1975 e il trentacinquenne Storaro continuava a fare nuove esperienze visive, pur avendo già lavorato con registi promettenti (Dario Argento, L’uccello dalle piume di cristallo, 1970) e giovani autori come Bernardo Bertolucci, «con lui ho fatto dieci film e proprio in questi giorni sto lavorando a Cinecittà al restauro, sul piano visivo, di Piccolo Buddha e Novecento atto I e atto II».
Il rapporto con la fotografia di Vittorio Storaro parte da molto lontano, come ha raccontato lui stesso, «grazie a un “no”! Sono importanti i “no”… Nel mio caso è stato un “non ammesso” della scuola che frequentavo che ha spinto mio padre a iscrivermi, a soli undici anni, a un istituto tecnico di fotografia, vicino San Giovanni». Lì il giovanissimo Vittorio ha appreso i primi rudimenti di quella che sarebbe diventata la sua arte, che l’ha portato a lavorare con i grandi autori del cinema mondiale, dai già citati Coppola e Bertolucci a Carlos Saura («uno dal quale continuo a imparare e con cui sto lavorando a un progetto tv su Garcia Lorca») e Woody Allen, con il quale ha fatto gli ultimi quattro film: Café Society (2016), La ruota delle meraviglie (2017), Un giorno di pioggia a New York (2019), Rifkin’s Festival (2020), attualmente nelle sale. «E in estate, a Parigi, dovrei girare un quinto film con Woody».
“La Civiltà Romana”
di Vittorio Storaro
a cura di Nestor Saied e Giovanni Storaro
dal 17 giugno al 10 settembre 2021
Galleria “La Nuova Pesa”
Via del Corso, 530 – 00186 Roma
Orario: 10:00-13,30 – 16,00-19,30
Gli ingressi sono contingentati nel massimo rispetto delle regole vigenti. È possibile prenotare le visite ai seguenti contatti:
tel. 06 361 0892
email: nuovapesa@farm.it