Il nuovo romanzo di Oberdan Tommaso Scozzafava, avvocato e ordinario di Diritto Civile presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, s’intitola Resoconto di una storia insolita (Avagliano Editore, 2021). Il giurista-scrittore ha già sperimentato con successo le proprie doti letterarie, esordendo nel 2016 con una raccolta di racconti (Questa notte il sole è sorto ad Occidente, Pioda Imaging Edizioni), mentre il Resoconto rappresenta la sua prima sfida propriamente narratologica, nell’antica e nobile forma del romanzo.

Protagonista della vicenda, che si snoda lungo una trama lineare e ben congegnata, è Don Annibale, personaggio che lavora nel settore giudiziario in una cittadina del Sud Italia. Di questa figura elegante e austera, tuttavia, l’autore sembra quasi servirsi per personificare un filtro empatico tra il lettore e il lungo, dotto e inarrestabile flusso di coscienza, che si dipana di pagina in pagina.

Scozzafava stesso, tanto nell’epilogo del Resoconto, quanto in successivi commenti, ha avuto modo di pronunciarsi sulle correnti culturali, che lo hanno spinto a descrivere tali eventi («Faulkner»). Come anche sull’ancestrale sentimento di amarezza, del quale Don Annibale si fa prometeico portavoce, alternando però a dolorose ammissioni personali, molto spesso solo interiori e non pronunciate ad alta voce, talune memorabili stilettate sarcastiche. In tutto questo, gli altri personaggi descritti da Scozzafava sembrano non percepire la sfaccettata sensibilità, la sottilissima ironia e insomma l’intelligenza sovraumana, di cui, quasi suo malgrado, è stato dotato – dall’autore o da chi? – il protagonista.

A uno sguardo più ampio, il Resoconto si fa quindi narrazione oggettiva, universale, pan-umana, facendo presagire al lettore come il seme del fastidio possa far presto a germogliare nella pericolosa pianta della disperazione e del vuoto di senso: «Febbraio, un mese dove si raggrumano tutte le tristezze e i miasmi dell’inverno che si accinge a trascorrere».

Nella loro dignità di voce, Oberdan Tommaso Scozzafava e il suo enigmatico alter ego, sospesi tra realtà e letterarietà, rivelano, forse ancor più che nei racconti di Questa notte, un disincantato sentimento di pietas nei confronti della condizione umana, la quale si fa grimaldello per comprendere i fatali errori, le stanche monotonie e gli insensati cliché, propri d’ogni ciclo di vita.