(di Antonella Putignano)
Il 6 luglio dell’anno scorso ci lasciava Ennio Morricone (proprio in questi giorni è in lavorazione una riedizione in Vinile di Giù la testa), ma soltanto fisicamente, perché la sua musica è viva, anzi vivissima, e lo sarà per sempre. La carriera di questo grande compositore dagli infiniti premi – e riconoscimenti – è stata musica allo stato puro: nei generi più diversi e sempre ai massimi livelli.
Per un pugno di dollari, il film del 1964, il primo della Trilogia del Dollaro, consegnò il compositore al grande pubblico, insieme alla fama che travolse anche il regista del film, Sergio Leone; suo compagno di classe alle elementari. Lo stesso musicista, in un’intervista, raccontò di come nacque la collaborazione tra i due.
Leone e Morricone si incontrarono, una sera, quasi per caso, a distanza di molti anni dai tempi della scuola, e per festeggiare l’amicizia ritrovata, l’esordiente regista invitò il compositore; prima a cena e poi al cinema: praticamente, un appuntamento galante “speciale”.
Il film in questione era La Sfida dei Samurai di Kurosawa, non a caso. Infatti, Per un pugno di dollari prese dal film giapponese la struttura di base, ma solo come contenitore utile per sperimentare un linguaggio nuovo; attraverso elementi di originalità come l’ironia, il lavoro sulla caratterizzazione dei personaggi e tutto quel “timbro” cinematografico che ha fatto la storia di un cinema unico.
Inizialmente, Sergio Leone intitolò il film Il Magnifico Straniero, ma non c’è dubbio, col senno di poi, che Per un Pugno di Dollari sia stata, assolutamente, la scelta azzeccata.
La collaborazione tra Sergio Leone e Ennio Morricone ha prodotto sei capolavori e l’apprezzamento, mondiale e unanime, di critica e pubblico di tutte le età. L’ultimo lavoro realizzato insieme ha regalato al cinema quell’incanto che è C’era una volta in America, del 1984.
La realizzazione della Trilogia del Dollaro composta da Per un pugno di dollari – appunto – Per qualche dollaro in più, e Il Buono, il brutto e il cattivo ha permesso a Leone e Morricone di collaborare con un altro gigante al loro livello, ovvero, Clint Eastwood: maschera d’attore dalla recitazione algida e ironica e regista di capolavori. L’attore, infatti, era semisconosciuto al grande pubblico prima di “bucare” lo schermo con il cinema audace del regista romano.
In qualche recente dichiarazione, prima di morire, il compositore ha raccontato di avere avuto pochi rammarichi nella vita professionale, ma qualcuno, a dire il vero, c’è stato: per esempio, non avere ottenuto l’Oscar per la colonna sonora del film Mission. O non avere realizzato le musiche di Arancia Meccanica – composte, infatti, da Walter Carlos – e soprattutto, non aver risposto “si” all’invito dell’amico Eastwood per realizzare le colonne sonore dei suoi film. Il musicista, infatti, ha raccontato, in più di un’occasione, di aver rifiutato la collaborazione con il regista americano come forma di rispetto – e gratitudine – per l’amico Leone.
La carriera di Ennio Morricone è stata costellata di premi e riconoscimenti e la sua maniera di dedicarsi alla musica è stata , ieri – come è oggi e sarà anche domani – un esempio, più unico che raro, di che cosa significhi mescolare – con gusto – i registri diversi, gli stili differenti; senza alcun pregiudizio di sorta o classificazione. Insegnamento che ci pone davanti ad una considerazione: nella creatività l’alto e il basso non esistono.
La qualità resiste alla banalità dell’etichetta e si svincola dalla retorica: oltre i confini di genere. Oltre i tecnicismi.
Cosa avrebbero combinato, insieme, Eastwood e Morricone? Questo non lo possiamo sapere.
Ma pensando al concetto di “musica assoluta”, definizione che il compositore dava di un certo modo di vivere l’intimità musicale e l’autonomia nelle scelte – come ha raccontato il giornalista e scrittore Italo Moscati in un suo libro dedicato al Maestro – possiamo spingerci ad immaginare come Morricone avrebbe lavorato con “Clint”: cioè, con infinita cura nei dettagli. Con il guizzo dell’ispirazione, con rigore, e quel tocco misterioso di eterea magia. Come ha sempre fatto in tutta la sua carriera, del resto.
In effetti, Morricone stesso è stato musica assoluta. Probabilmente, per duettare con Eastwood, sarebbe salito sul ring, e con i guantoni fatti di note ci avrebbe stesi al tappeto: emozionati. Commossi.
Se per Frankie, l’ ex pugile anziano interpretato da Eastwood in Million Dollar Baby, il soprannome per la sua campionessa era “Mo Cuishle”, ovvero, “Mio Tesoro, mio battito, mio sangue”- tradotto dal gaelico – per Morricone “ il battito” per raccontare l’amore assoluto è stato proprio la musica. La sua vita.
E noi tutti gliene siamo grati.
Antonella Putignano