(di Antonella Putignano) “Home is where i want to live, pick me up and turn me around”. La mia casa è lì dove voglio abitare, cantavano i Talking heads in This must be the Place. Oggi ci appare profetico quel titolo, usato poi da Paolo Sorrentino nel 2011, per un film che aveva come protagonista un carismatico Sean Penn e la bravissima Frances McDormand. This must be the place, deve essere questo il posto, metaforico viaggio nella memoria che ora potrebbe essere calzante anche come fotografia di questo scorcio cinematografico nel presente, tra gli orizzonti infiniti – e deserti – degli Stati Uniti occidentali che ritroviamo in Nomadland di Chloè Zhao, per il quale Frances Mc Dormand ha ottenuto un meritatissimo Oscar 2021. Il film non ha ottenuto soltanto la statuetta per la migliore attrice, ma anche quella per il miglior film e per la migliore regia. Le note della colonna sonora sono quelle soavi e magiche di Ludovico Einaudi.
Una carriera, quella della McDonald cominciata nel segno del palcoscenico e poi, proseguita sullo schermo, con l’esordio in Blood Simple dei fratelli Coen; il lavoro cinematografico che l’avvicina al grande pubblico e le fa incontrare, e sposare, l’amore della vita, cioè, uno dei fratelli Coen, Joel. Insieme, i due adottano il figlio Pedro. L’attrice porta avanti, nel corso degli anni, un doppio binario artistico di successo tra teatro e cinema, riuscendo, in entrambi i registri, a regalare al pubblico la sua poliedrica capacità d’interprete; sempre delicata e, allo stesso tempo, energica. Intensa. Un volto che non ha bisogno di alcun artificio di regia. Come nel caso dell’allestimento della famosa pièce teatrale Un Tram chiamato Desiderio, che le fa ottenere una candidatura al Tony Awards. O come nel ruolo che interpreta nel film di Alan Parker del 1988 Mississippi Burning. Quel ruolo le regala il suo primo Oscar e le permette di lavorare con il cinema più ispirato e creativo. E con lei, nel 2008, la pellicola continua a “bruciare” anche quando recita un ruolo divertente in Burn After Reading, di nuovo diretta dai fratelli Coen. Sempre i registi, nel 2016, le ritagliano, su misura, un piccolo originalissimo cammeo in Ave, Cesare!
Nel 2017, arriva la sua seconda statuetta per Tre Manifesti a Ebbing, Missouri, di Martin McDonagh. Ma questo terzo Oscar per Nomadland racconta, in effetti, di un viaggio, lungo ed emozionante: quello, certamente, di Fern – il personaggio, protagonista del film, interpretato dalla McDormand – ma anche quello di un percorso straordinario, bello e ricco, di un’attrice bravissima che vive il suo lavoro fuori da ogni banalità mondana legata alla notorietà.
L’artista viene, da sempre, anche apprezzata per i suoi look elegantissimi, stravaganti e assolutamente non convenzionali. Frances McDormand, un po’ come Meryl Streep, senza dare lezioni di stile, insegna, con naturalezza, che la femminilità è nel modo di essere. Nella personalità. Nel carattere. E immaginando di giocare con le musiche dei grandi classici: quando lei passa sul red carpet, l’orchestra suona When i wish upon Oscar.
di Antonella Putignano