(di Giulia Anzani Ciliberti) Nonostante la prima (e la seconda) regola del Fight Club sia di non parlare mai del Fight Club, a distanza di venticinque anni se ne parla ancora. Ebbene sì, sono passati oltre due decenni da quando il mondo ha accolto la primissima edizione di quello che è destinato a diventare un fenomeno della letteratura contemporanea.

Pubblicato, infatti, nel 1996, Fight Club è il primo (ma non ultimo) romanzo di Chuck Palahniuk, maestro pulp della letteratura contemporanea. All’inizio non ha grandi consensi. Tre anni dopo il regista David Fincher ne trae un film. Ma diventerà  finalmente un successo, e addirittura un culto, solo con l’uscita del dvd nel 2000, rendendo la prima edizione del libro un oggetto da collezione.

Il protagonista è senza nome, interpretato nel film da Edward Norton, e si tratta di un impiegato consumato dall’insonnia, schiavo del consumismo e con un approccio nichilista rispetto alla vita. Per la sua insonnia vede regolarmente un medico, che gli suggerisce di constatare coi suoi occhi quale sia la vera sofferenza. Il protagonista allora inizia a frequentare incontri di sostegno per uomini malati di cancro ai testicoli. E qui incontra Marla Singer (nel film il ruolo calza a pennello a Helena Bonham Carter), un’ambigua figura che, ovviamente, non ha il cancro ai testicoli. Il protagonista inizialmente la odia, vedendo in lei il riflesso delle sue stesse menzogne, ma inizierà poi a provare qualcosa per questa tormentata e strana donna.

“Tyler mi trova un posto da cameriere, dopodiché c’è Tyler che mi caccia una pistola in bocca e mi dice che il primo passo per la vita eterna è che devi morire”.

È con un incipit in medias res che Palahniuk ci catapulta in questo singolare mondo. Chi è Tyler Durden? Beh, oltre a essere interpretato da Brad Pitt nel film, Tyler è un fabbricatore e venditore di saponette e proiezionista part-time, un notturno per natura. Inoltre, Tyler è colui che cambia radicalmente la vita del protagonista.

“Per molto tempo però io e Tyler siamo stati culo e camicia. La gente sempre a chiedermi se sapevo o no di Tyler Durden”.

I due si conoscono durante uno dei tanti viaggi di lavoro che il nostro anonimo protagonista si trova a dover affrontare — aumentando i disagi dell’insonnia a causa del jet lag. Diventano amici, per così dire: Tyler si erge a moderno guru, e il protagonista inizia a seguirlo ciecamente.

Insieme, assumono la guida della classe medio borghese americana, caratterizzata dalla sfiducia e dalla stanchezza. Fondano quindi un circolo clandestino: il Fight Club in cui questi uomini insoddisfatti e annoiati s’incontrano per lottare e dare sfogo alle proprie frustrazioni, rivendicando in questo modo il peso della società che poggia completamente su di loro.

La mania del Fight Club si diffonde, fin quando Tyler decide di passare al livello successivo: distruggere la società contemporanea, capitalistica e malata. I membri del club sono assolutamente devoti al loro leader e lo seguono senza battere ciglio, divenendo oltremodo violenti. La situazione sta sfuggendo di mano e l’unico a rendersene conto, è il protagonista senza nome che finalmente capisce la verità: Tyler non esiste. Altri non è che lui stesso nelle sue notti insonni, che è finalmente tutto ciò che ha sempre voluto essere: libero, spregiudicato, senza freni. Ma ormai tutto è andato troppo oltre e la fine è, inevitabilmente, delle peggiori. Tyler dev’essere annientato, e il modo è solo uno.

L’incapacità di empatizzare, l’apatia dell’uomo moderno sono la chiave che ha spinto Palahniuk a scrivere questo romanzo. In una continua ripetizione di frasi concise e ridondanti, arriva a far percepire perfettamente l’angoscia che il protagonista prova, la disillusione più totale. “Questa è la tua vita e va finendo un minuto alla volta.”

Nel film la trama è sostanzialmente invariata. Il feroce realismo del libro è assolutamente mantenuto da Fincher, che riflette nella pellicola tutta l’alienazione che il consumismo porta con sé e l’esasperazione che l’insonnia può generare. Probabilmente, il tono sarcastico è più evidente nella versione cinematografica; il libro è infatti più serioso. Pur avendo una componente satirica forte, mantiene toni drammatici, quasi tragici.

Il film è affidato a David Fincher per due motivi: come prima cosa lui, come lo sceneggiatore Jim Uhls, aveva letto il libro e insistito per averne i diritti, e inoltre l’aver diretto un film come Seven (1995) è un punto a suo favore.

Fincher sulle prime propone alle 20th Century Fox, titolare dei diritti, un film con budget ridotto e strumenti amatoriali. Solo successivamente riesce a convincerli a un progetto più ricco con un cast di grandi attori. Nel 1997 riceve l’incarico ufficiale come regista di Fight Club.

Il protagonista scelto, Edward Norton, usciva da un’esperienza del ruolo del neonazista super muscoloso Derek Vinyard in American History X. È costretto a perdere quasi 10kg per entrare nel ruolo.

Brad Pitt viene preferito a Russell Crowe, nonostante il produttore Ross Grayson Bell ne appoggiasse la scelta. L’ottima prestazione di Brad Pitt nel già citato Seven, facilitò la decisione che Tyler doveva essere lui.

Entrambi gli attori si sono preparati a interpretare i loro ruoli prendendo lezioni di lotta libera.

Helena Bonham Carter, nel ruolo di Marla, si ispira alla Judy Garland del suo periodo più oscuro. La Carter ha obbligato la sua truccatrice a usare la mano sinistra: Marla non è la donna adatta a sembrare Clio Make up.

La scelta degli attori è perfetta: la faccia scavata e l’atteggiamento passivo di Norton; l’arroganza di un giovane Brad Pitt; la sensualità consumata della Carter. Tutte caratteristiche incredibilmente azzeccate per un’ambientazione grottesca e vagamente distopica.

La differenza sostanziale tra il libro e il film è soprattutto nell’impatto visivo: mentre nel libro Tyler risulta antipatico e a volte urticante, nel film grazie ai modi di fare e dell’atteggiamento di Brad Pitt, è pieno di charme e quindi si comprende perché riesca ad avere un tale seguito.

Fight Club fu presentato a Venezia e portato nei cinema d’Italia a fine ottobre. Nonostante fosse perlopiù giudicato troppo esplicito e violento, in Italia come all’estero, ha avuto anche recensioni positive. In realtà, ha però avuto pochi spettatori, incassando poco più di 100 milioni di dollari, al netto dei 60 spesi per girarlo. La promozione è stata minima, perché il film non ha mai convinto nessuno della produzione. L’unico a credere veramente nel progetto era il solo Fincher.

L’uscita del dvd, come già detto, ha segnato la vera esplosione di Fight Club, probabilmente anche perché nel cofanetto si trovano spiegazioni e contenuti extra interessanti per il pubblico. Arrivando anche a influenzare altre espressioni artistiche e in parte il linguaggio comune, entrando nel lessico quotidiano. Molte sono le canzoni che contengono citazioni esplicite al Fight Club.

A dieci anni dall’uscita del film, il New York Times definì Fight Clubil film cult del nostro tempo” e a oggi è un importante tassello per la cinematografia mondiale. Uno di quei casi in cui, con buona pace di quelli che tendono a difendere le opere cartacee rispetto ai film che ne sono tratti, “il film è meglio del libro”.