(di Antonella Putignano) “L’ha gaà un bel faccin”. Con questa espressione milanese – pronunciata durante la selezione per la Scuola di Ballo del Teatro alla Scala di Milano – è cominciata la vita artistica di Carla Fracci, Étoile mondiale della danza e personaggio della cultura italiana, scomparsa il 27 maggio 2021.
Una carriera che va ben oltre il successo e la fama: la storia di questa straordinaria danzatrice è stata il racconto della determinazione del talento, della tenacia, e allo stesso tempo, l’espressione massima di levità, leggerezza, poesia coreografata. Ritmo. Energia vitale. Soprattutto a lei, e alle coreografie che ha interpretato, si deve il fatto che la danza classica, in Italia, sia riuscita ad uscire da un contesto di nicchia, fatto di addetti ai lavori: non a caso davvero tutte le generazioni di giovani ballerine, dopo di lei, si sono sentite domandare – prima di intraprendere lo studio della tecnica – “vuoi diventare come Carla Fracci?”.
Che “la Carlina” – come veniva chiamata, affettuosamente, da quella Milano che amava – fosse nata con “il piede giusto” per ballare se ne accorsero, presto, tutti; prima ancora del suo diploma alla scuola di danza. La sua carriera alla Scala, infatti, cominciò – subito – nel segno di quella grande stella di fama mondiale che sarebbe diventata. E, certamente, lo aveva capito bene il coreografo “russo-americano” George Balanchine, quando la scelse – ancora allieva della scuola di ballo – come solista nella sua coreografia Ballet Imperial. E successivamente, il Maestro “naturalizzato statunitense” la fece ballare in una versione originale del secondo atto de Il Lago dei Cigni.
George Balanchine, a suo modo, aveva riscritto la grammatica della danza; a cominciare dalla collaborazione fruttuosa con quel famoso “impresario dei Balletti Russi” citato da Franco Battiato nella Prospettiva Nevski: ovvero Diaghilev.
Anche grazie al quasi simbiotico sodalizio artistico con il compositore Igor Stravinski, Balanchine ha tracciato, nel panorama della danza internazionale, il suo stile inconfondibile: neoclassico e modernissimo. Tra gli elementi più originali del suo modo di coreografare c’era, tra gli altri aspetti tecnici, lo studio metodico e scrupoloso della partitura musicale. L’amicizia e la stima tra l’etoile e il coreografo durarono negli anni; la stessa Fracci, durante il periodo in cui fu Direttrice del Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma – dal 2000 al 2010 – allestì due delle creazioni del repertorio di Balanchine del periodo Diaghilev: La Chatte e Apollon Musagète.
Il ruolo che ha fatto e innamorare il grande pubblico di Carla Fracci è stato, sicuramente, Giselle: il balletto romantico per definizione, ideato dallo scrittore francese Théophile Gautierche la vide duettare con partner stellari come Vladimir Vassiliev, Rudolf Nureyev ed Erik Bruhn.
Proprio dall’allestimento della Giselle con la Fracci e il ballerino danese venne realizzato, nel 1969, il film Giselle, appunto: un successo mondiale.
Poco prima di morire, l’étoile si è dedicata, con la solita accesa passione, ad una Masterclass di studio sulla coreografia di questo capolavoro eterno della danza. Del personaggio di Giselle la Fracci diceva così, come riportato nel libro autobiografico dal titolo Passo dopo Passo: “Forse il pubblico ama Giselle per il desiderio che tutti abbiamo di partecipare a una saga d’amore con il suo inganno, la sua cattiveria e la sua redenzione. Più un sentimento è puro, più è riconoscibile e più facile abbandonarvisi, perdersi, fino ad identificarsi nella leggerezza di una ballerina”.
La vita artistica di Carla Fracci è stata legata – come in un eterno “passo a due”- a quella del marito, il regista Beppe Menegatti: una storia, la loro, fatta di amore assoluto, dedizione totale per l’arte e una grande passione per la vita.
L’artista è stata anche un’ambasciatrice culturale italiana, assessore alla Cultura e allo Sport della Provincia di Firenze in una giunta Pd-Iv-Sel e, recentemente, ha ricevuto l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce.
Ma Carla Fracci è stata, soprattutto, un’artista di grande spessore e sensibilità: anche nel modo di giocare, con leggerezza e discrezione, con la televisione. Pagine di storia di spettacolo sono stati gli sketch con le Kessler, il duetto con Mina e quello con Raffaella Carrà. Recentemente la Fracci si era cimentata, con la solita grazia e con la consueta professionalità, anche nella recitazione.
Di carattere la alla Signora della danza ne ha sempre avuto: come ballerina, come insegnante, ma, anche come donna, fuori dal palco.
Memorabile lo sfogo animato contro Gianni Alemanno nel 2010, durante lo sciopero dei lavoratori dello spettacolo contro il decreto sulle Fondazioni: la danzatrice accusava l’allora sindaco di Roma di non averla mai ricevuta a colloquio, malgrado le ripetute, e urgenti, richieste come direttrice del corpo di ballo dell’ente lirico romano. Il faccia a faccia Fracci – Alemanno trasformò “la libellula” da “Giselle a Tyson”, come commentò, ironicamente, Luciana Littizzetto poco dopo la vicenda.
L’artista ha sempre partecipato alla vita pubblica; senza risparmiarsi in dichiarazioni o prese di posizione. Come quando, nel 2003, appoggiò lo sciopero dei tranvieri dell’Atm di Milano. L’occasione fu anche il pretesto per raccontare la sua infanzia e la storia del padre tranviere: quadro familiare che la stessa étoile ha sempre raccontato con affetto e grande ammirazione. In un’intervista rilasciata a La Repubblica, nel 2003, a proposito della protesta milanese disse una frase spesso ricordata; “Una volta c’era una parola di cui sono orgogliosa e che fa parte della mia infanzia: proletariato. Oggi, purtroppo, non la usa più nessuno”. Ieri, 28 Maggio 2021, i tranvieri milanesi della linea 1 hanno salutato la grande artista “scampanellando” con il tram proprio come faceva “Papà Luigi” quando passava davanti alla Scala.
Il giorno della morte di Carla Fracci tutto il mondo si è stretto, commosso, in un omaggio; attraverso un pensiero, una dedica, un commento. Sulle pagine social, Gaia Straccamore, Étoile del Teatro dell’Opera di Roma dal 2014, e divenuta, con la guida di Carla Fracci, Prima ballerina, nel 2006, ha così salutato la sua “speciale” Maestra: “Grazie Signora, eternamente grata”.
Grazie Signora Fracci per averci raccontato una meravigliosa storia di talento, lavoro, impegno, passione, poesia.
di Antonella Putignano