Il 13 aprile 2021 è uscito Reverse, soundtrack dell’omonimo film di Mauro John Capece, prodotto da Giuseppe Lepore. Una colonna sonora elettronica e interamente suonata con un sound particolarmente dark.
Ne parla l’autore, Marco Korben Del Bene.
Marco, cos’è Reverse in una parola?
«Reverse rappresenta il cambiamento di fronte che può avvenire nell’ambito di un interrogatorio, il cambio di ruolo da interrogato a inquisitore. Il film è un legal thriller che ruota intorno a queste dinamiche. Reverse è anche il titolo di questo album, una selezione di tracce tratte dalla colonna sonora, una personale lettura dell’irrequietezza sociale, del disagio del momento oltre che della storia del film».
In un film così ricco di tensione, qual è il compito della colonna sonora?
«La colonna sonora ha un ruolo portante. Essendo un film psicologico l’obiettivo è stato quello di tessere un ritmo di accompagnamento agli stati emotivi più che alle azioni. La musica ti consente di rappresentare, con pochissimi strumenti, dinamiche importanti. Un percorso che prevede un fraseggio di tensioni e sonorità da pianissimo a fortissimo con una grande attenzione al sound. La soundtrack è nata quasi in assenza del film. Ho scritto materiale grazie ad alcune indicazioni del regista, suggestioni trasferite anche con semplici frasi e il racconto della storia. I temi principali, le atmosfere sono nati prima che io vedessi le immagini. MJ Capece mi ha lasciato carta bianca, credo che siamo da subito entrati in giusta sintonia. È stato molto semplice seguire le sue indicazioni».
Il momento pandemico ha influenzato la scrittura del disco?
«Chi scrive non può fare a meno di portare, nel gesto creativo, il proprio stato d’animo. L’isolamento, la mancanza di contatti, di luce, di sole ha indotto sicuramente la mia ricerca verso un suono scuro, drammatico ma allo stesso tempo pieno di energia. Se mi guardo allo specchio mi vedo come il figlio di Nosferatu, questa cosa mi fa sorridere e riflettere. La musica racconta questo dialogo, il mio reverse personale che credo sia lo stato d’animo di molti. La musica è uno strumento alchemico che trasforma il disagio in suono liberando lo spirito. Detto questo spero di poter tornare presto a una maggiore libertà prima di mordere sul collo qualcuno. Al momento non avverto più che stiamo in emergenza, ma mi sono quasi abituato a questa nuova modalità di esistenza e la cosa è spaventosa».
Quale delle tracce pensi ti rappresenti maggiormente?
«L’album rappresenta il mio modo di interpretare il thriller movie, il suo mondo e le sonorità nella sua interezza. Rappresenta la mia visione oggi, non quella di ieri né di domani. Via Crucis e The Cave sono sicuramente due tracce in grado di esplicitare il mio gusto musicale con chiari riferimenti a maestri contemporanei che fanno parte del mio dna. Allo stesso tempo ho finito un altro film, un progetto statunitense dove il sound è totalmente acustico e positivo, in netta contrapposizione con Reverse. Siamo esseri politimbrici grazie al cielo, il bianco controbilancia il nero».
Dopo Resilienza2020 ecco un’altra tappa del tuo percorso artistico. Qual è stata la tua evoluzione musicale e personale?
«In questi anni sono successe molte cose. Musicalmente in poco tempo ho fatto moltissimo, oggi ho la fortuna di poter scegliere i progetti. Credo di essere più distaccato rispetto alla mia creatività. Sono consapevole che quello che faccio è al servizio di una storia, di un regista, una sequenza. Quello che cerco sono progetti che mi possano dare una certa dose di libertà. Negli ultimi tempi ho ripreso degli studi classici, la mia direzione è sempre di più quella della contaminazione liquida fra rock industriale, elettronica, sinfonica e pop. Resilienza2020 era un album che raccontava la trasformazione, lutti, amori, gioie… Reverse, pur essendo una colonna sonora, è un album dal forte carattere personale che racconta l’energia inespressa. Come uomo sono sempre meno intrappolato nel passato e nel futuro. Vivo quello che è il mio oggi e mi presento per quello che sono, senza blindare la mia esistenza in camere stagne, credo che questo si avverta nella musica che faccio e che ho la fortuna di produrre in estrema libertà».