(di Andrea Prosperi) Roberto Bonati torna a dirigere il Chironomic Ensemble nella colonna sonora live di un grande capolavoro del Cinema muto: il 16 luglio prossimo alle 21.15 (ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria) presso il Cortile d’Onore della Casa della Musica di Parma, infatti, Bonati proporrà la sonorizzazione dal vivo del film di Jean Epstein Il crollo della Casa Usher. Dopo la felice avventura sul film The Lodger di Hitchcock, si tratta di nuovo tassello del progetto Relazioni Improvvise, basato sul rapporto tra i diversi linguaggi artistici nel segno dell’improvvisazione. L’evento è in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Parma e, ovviamente, con la Casa della Musica.

Sul palco, in formazione ridotta per ragioni di distanziamento sociale, saliranno, oltre a Roberto Bonati alla direzione e contrabbasso: Marco Ignoti al clarinetto basso, Emiliano Vernizzi al saxofono e flauto, Luca Perciballi alla chitarra elettrica ed elettronica, Paolo Ricci al violino, Serafima Gorscova alla viola, Andrea Grossi al contrabbasso.

La tecnica di composizione musicale è sempre quella di un percorso tra improvvisazione e composizione che si avvale di una suggestiva direzione basata sulla Improvised Chironomy, il metodo gestuale che Bonati ha sviluppato, sugli esempi di Butch Morris e Walter Thompson, per condurre un ensemble in una improvvisazione.

Abbiamo voluto chiedere a Bonati qualcosa in più sul suo rapporto con la scrittura musicale e con il cinema muto.

 

La colonna sonora nel cinema muto nasce in realtà per coprire il rumore del proiettore. In questo caso: qual è l’esigenza attuale di chi decida di appoggiare suono sulle immagini di un antico film?L’esigenza di una colonna sonora nasce dalla necessità di far risuonare l’anima di un film, di contribuire a creare uno spazio sonoro nel quale le immagini assumano una ancora maggiore profondità. E in questo comprendo anche il silenzio come scelta di amplificazione sonora di una immagine.

 

Passato e presente: come costruisce questo rapporto la suggestiva tecnica della improvised chironomy?L’improvvisazione si restituisce l’hic et nunc e come un màndala tibetano ci porta la bellezza e ci insegna l’impermanenza, la transitorietà. In questo film questo concetto è estremamente presente, la Casa Usher, sia la dimora che la casata crollano, Usher, che in inglese è colui che ci accompagna all’interno di qualcosa, in questo caso la sua mente. Il contrasto tra passato e presente è nel film anche il contrasto tra la solidità del castello e il suo crollo. L’improvvisazione nasce anche dal nostro passato e vive e muore nel presente come atto unico e irripetibile anche se sbaglieremmo a pensare che nelle nostre vite ci siano atti che si ripetono, ogni volta, di ogni cosa, è una storia nuova.

Che cosa le dice ancora oggi, a lei come artista, Epstein e il suo lavoro?

Credo sia, quello del cinema muto, un momento eccezionale nella storia del cinema. Assistiamo a un continuo sperimentare, ad una ricerca continua ed è veramente fantastico vedere come

giocassero con il mezzo tecnico, le luci eccezionali, la recitazione meravigliosa degli attori, le inquadrature, la profondità pittorica ed evocativa delle immagini, la ricerca di una drammaturgia e il rapporto col tempo, con lo scorrere del tempo. In Epstein, come in altri grandi del cinema muto, vediamo il lavoro di un pioniere all’opera, percepiamo il suo desiderio di fare cinema, la ricerca, la libertà e il rischio, tutte cose che un artista deve tenere sempre nel cuore.

 

Prossimi film che pensa di affrontare?

Mi piacerebbe poter lavorare su alcune scene de L’avventura di Antonioni, su degli estratti da  Intolerance di Griffith e su Buster Keaton.