Sono uno di quelli che, quando guardano un film teso, misterioso, non stanno lì tutto il tempo ad arrovellarsi il cervello cercando di scoprire in anticipo come andrà a finire. Ovvio quindi che, all’uscita dal cinema, avessi l’aria lievemente imbambolata di chi ha ricevuto un cazzotto metaforico. Un cazzotto senza anestesia, ma anche senza dolore. Anzi, ora che ci penso, fermandomi a discutere con i compagni di visione, ricordo che eravamo tutti sconcertati sì, ma con un sorriso estatico sulle labbra. Barbara diceva che “Aveva capito tutto”, ma poi si confondeva pretendendo di esibire le prove. Nino cercava di mantenere un atteggiamento superiore, da critico navigato, ma senza riuscirci, allora molto meglio Francesca, nella sua disarmante felicità da spettatore pagante finalmente appagato. Ho scelto di non parlare della trama del Sesto Senso perché può ancora essere in circolazione qualcuno che non lo ha visto e odio assumere un ruolo da guastafeste.

Suggerisco solo di registrarlo, in tv, perché lo vedrete almeno due volte. Bruce Willis è al suo top, il bambino dolente e bravissimo. Peccato che il regista M. Night Shyamalan non sia mai più stato all’altezza di questo film. Ma non era facile, la perfezione bussa sempre e solo una volta.

Si fa largo, in questi anni ormai tendenti alla decadenza musicale, un gruppo abbastanza sottovalutato. Sono americani, si chiamano Blink 182 e il loro sound richiama alla mente più l’Europa che gli USA, come spesso accade ai californiani. I loro parenti più stretti sono certamente i Green Day, come loro versatili e travolgenti, in particolare nell’album che esce nel 1999, Enema of the State. Mi piaceva molto All the Small Things, divertente e vibrante, anche se alla fine niente di che.

Ma il vero motivo per cui il trio di San Diego si ritrova in questa prestigiosa selezione è tutto in un pezzo del 2004, strepitoso. I Blink se ne escono con I Miss You, canzone incredibilmente morbida e romantica, col potere di commuovermi a ogni ascolto. Il cantante Mark Hoppus, in giacca e cravatta come l’amico Tom Del Longe, imbraccia addirittura il contrabbasso, mentre l’elettrico batterista Travis Barker accarezza i suoi tamburi col tocco felpato di spazzole da jazzista. Spettacolare.