(di Renato Marengo) Apocalisse o apertura di nuovi scenari comunicativi grazie al web?
Il sociologo Lello Savonardo – docente di Comunicazione e Culture Giovanili e di Teorie e Tecniche della Comunicazione presso l’Università di Napoli Federico II dove coordina l’Osservatorio Giovani e F2 Radio Lab, la webradio dell’Ateneo – risponde a questa e altre domande del nostro direttore Renato Marengo.
Questo grande disastro mondiale che ci ha colpito e che ancora ci coinvolge ferocemente ci costringe a una battaglia quotidiana e a imprevedibili mutazioni epocali delle nostre abitudini, della nostra libertà personale rivoluzionando modi e mezzi di comunicazione con i quali abbiamo sino a ieri convissuto con un’accelerazione assolutamente non programmata. Tutto ciò ha reso giocoforza protagonisti mezzi, modalità e sistemi di comunicazione con i quali stavamo gradualmente prendendo familiarità, rivelatisi invece oggi indispensabili e addirittura insostituibili come l’uso ormai globale della Grande Rete del Web e suoi derivati. Persone di ogni età e stato sociale si sono trovate nella necessità di mutare abitudini, linguaggi, metodi e si è materializzata soprattutto tra i giovanissimi una sorta di Web Generation, figlia o comunque diretta discendente di quella che qualche anno fa, non in emergenza ma in divenire logico e consequenziale avevi battezzato “Bit Generation”. Qualche anno fa, infatti, hai scritto un saggio intitolato BIT Generation, con riferimento alla Generazione Always On, poi Pop Music, Media e Culture Giovanili. Dalla Beat Revolution alla Bit Generation, che a breve sarà pubblicato in inglese da Bocconi University Press per il mercato europeo. Due volumi in cui analizzi i nuovi linguaggi, segnali e strumenti di comunicazione “divampati” con incredibile velocità nel mondo, soprattutto tra le nuovissime generazioni, “vittime” di questa accelerazione improvvisa del progresso ma anche protagoniste dei suoi mutamenti.
«Con l’espressione Bit Generation mi riferisco, in modo non certamente esaustivo, a quel mondo giovanile che si nutre e si esprime tendenzialmente attraverso la software culture che caratterizza l’esperienza digitale. Tale espressione richiama esplicitamente la Beat Generation, il movimento artistico letterario e musicale che si è sviluppato tra gli anni Cinquanta e Sessanta negli Stati Uniti. Un movimento che ha contribuito a determinare forme espressive, culturali, sociali e politiche caratterizzanti l’universo giovanile di quegli anni, influenzando in modo significativo le generazioni successive. Beat era ribellione, battito, ritmo e la Beat Generation si esprimeva attraverso i media tradizionali e, anche grazie ad essi, è riuscita a diffondere le proprie produzioni artistiche e culturali, la visione del mondo e le istanze politiche e sociali di cui è stata portatrice. Oggi, Bit è connessione, condivisione, partecipazione e la Bit Generation si esprime, sempre di più, attraverso i media digitali. I giovani del terzo millennio sono tra i principali fruitori delle nuove tecnologie. Navigano, creano, comunicano, si esprimono, danno vita a produzioni artistiche inedite. Le nuove generazioni interpretano i segnali del mutamento, creando nuovi linguaggi e anticipando il futuro. Queste ed altre riflessioni sono contenute nei mie libri Bit Generation e Pop Music e credo che con la pandemia Covid-19 si stanno aprendo inevitabilmente nuovi scenari».
La tua analisi in Bit Generation riguardava i linguaggi, le immagini, la musica, l’editoria. Ma soprattutto nuovi modi e strumenti di comunicazione che investono l’universo giovanile e non solo. Come si è adeguato lo studio e la didattica a questa vera e propria rivoluzione copernicana di costume e comportamentale provocata proprio dall’avvento di inimmaginabili tecnologie e dal loro rapidissimo divenire accessibili a tutti e “a portata di mano” anche nelle dimensioni?
«Siamo di fronte a una generazione “Always on”, sempre connessa, immersa nei dispositivi mobili attraverso cui è possibile una convergenza mediale e culturale di linguaggi diversi e che permette di essere in comunicazione con il mondo, ovunque tu sia, di accedere alle infinite informazioni e conoscenze, navigando nel web, mettendo in crisi la percezione delle tradizionali dimensioni spazio-temporali. L’evoluzione dei media e le trasformazioni tecnologiche influenzano inevitabilmente la vita sociale e culturale, individuale e collettiva, incidendo sull’economia e sulle relazioni. L’università deve adeguarsi e affrontare la sfida del mutamento, utilizzando nuovi strumenti e inedite modalità didattiche, indipendentemente dai momenti di emergenza come quello che stiamo vivendo con la pandemia Covid-19. Inoltre, il dialogo tra università, imprese e territorio è determinante per affrontare le sfide culturali ed economiche del Terzo Millennio. In questi giorni, è ripartito il progetto Creative Lab Napoli, un percorso di formazione che mette in connessione i giovani, l’università e le imprese culturali al fine di sviluppare idee creative e start-up innovative. In particolare, il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università Federico II di Napoli, in collaborazione con l’Osservatorio Territoriale Giovani (OTG), la Fondazione Idis-Città della Scienza, Mad Entertainment Spa e Ufficio K srl, ha rilanciato il laboratorio Creative Lab Napoli, dopo il primo ciclo in presenza, da remoto sulla piattaforma Cisco Webex Meetings, anche con rassegne cinematografiche e musicali nell’ambito di Giugno Giovani 2020 promosso dall’Assessorato ai Giovani del Comune di Napoli (capofila del progetto finanziato dalla Regione Campania). Nello specifico, la rassegna musicale vede protagonisti Maurizio Capone, con un workshop sul riciclo creativo e il gruppo musicale La Maschera, con un concerto in streaming. Mentre per il cinema si è tenuta la proiezione online dell’opera prima del regista Alessandro Rak, L’Arte della Felicità, e la diretta streaming con i registi Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone, autori del pluripremiato lungometraggio in animazione Gatta Cenerentola. Il nostro obiettivo è favorire lo sviluppo di nuove forme di imprenditoria sociale e culturale, anche attraverso l’utilizzo delle tecnologie digitali della comunicazione. Il percorso laboratoriale, che vede impegnati 25 giovani startupper provenienti dai più disparati ambiti disciplinari e settori produttivi, mira a formare, nei soggetti partecipanti, una cultura digitale d’impresa, di valorizzare e ottimizzare capacità creative ed espressive che possono essere sviluppate al fine di favorire la creazione di nuove imprese e progetti. In particolare, le attività di formazione hanno a oggetto diversi temi legati all’industria creativa e culturale, alla social innovation, al marketing e alla comunicazione d’impresa».
L’esplodere di una pandemia, temuta ma assolutamente inattesa nei modi e nelle forme in cui si è proposta, ha trovato proprio nelle tecnologie informatiche, nella realtà “aumentata” e “virale”, è il caso di dire, una sorta di chiave di sopravvivenza , quasi una “bacchetta magica”, che anche se non ha in alcun modo potuto frenare l’espansione del male, ha consentito a tutti noi, a distanza, non solo di continuare a comunicare, guardandoci negli occhi, scambiandoci emozioni, affetto, sensazioni, ma anche di continuare a fare ricerca, a studiare, a evadere e a lavorare. Il web ha salvato mezzo mondo in questi catastrofici mesi, anche in campo artistico oltre che industriale e commerciale. Quella che sembrava una sconfitta dei normali canoni comunicativi, un elemento di isolamento (le ore passate da ogni giovanissimo col proprio smartphone, computer e iPhone, stavano creando motivo di preoccupazione per l’isolamento e l’assenza di contatti fisici), ora sembra essere una soluzione. D’accordo con Franco Bixio, l’editore delle colonne sonore di tanti grandi film e fiction col quale collaboro strettamente come coordinatore artistico, abbiamo riorganizzato, in questi giorni in cui tutto pareva essersi fermato, il lavoro sulla musica per il cinema e sugli eventi connessi ai 100 anni dalla nascita di Casa Bixio, attraverso il web. La pandemia nella sua tragicità trasforma questi temibili oggetti tecnologici in “ciambelle di salvataggio”, in benedette alternative all’isolamento.
«Le tecnologie digitali rappresentano un’opportunità straordinaria per la trasmissione dei saperi e delle conoscenze, oltre che per l’accesso alle informazioni e, durante il distanziamento sociale, ci hanno permesso di comunicare a distanza restando a casa. Hanno favorito la possibilità di tenere lezioni online sia per gli studenti della scuola che per quelli degli atenei italiani e, quindi, sono da considerarsi un’utile risorsa. Oggi ne siamo tutti più consapevoli, anche se portano con sé potenziali rischi, patologie e possibili dipendenze, la pandemia ci ha dimostrato come le tecnologie digitali possano essere uno strumento straordinario per affrontare situazioni di crisi come quella in atto. Come per le università e le relative lezioni a distanza, anche il mondo della cultura, dell’arte e dello spettacolo sta riscoprendo le potenzialità del web, tuttavia non è semplice affrontare la crisi economica e sociale scaturita dall’emergenza sanitaria. Questo è un momento drammatico, un passaggio epocale, molto complesso e difficile da affrontare: sarà necessario progettare nuovi modi di fare cultura, di produrre economia e di diffondere i prodotti artistici, attraverso linguaggi e processi innovativi, grazie all’uso delle tecnologie digitali e del web».
Tornando all’insegnamento, la generazione 2.0 (ma anche 3.0, 4…) era più preparata rispetto al popolo adulto che ha vissuto questi tragici provvedimenti come una specie di anticamera dell’apocalisse.
I giovani hanno reagito in modo migliore degli adulti? Chi sopravviverà meglio dopo questo passaggio epocale?
«I giovani, rispetto agli adulti, sono predisposti ai cambiamenti, all’imprevedibile, leggono e interpretano i segnali distintivi delle trasformazioni in atto e sono figli del mutamento accelerato e del fluire incessante della vita, costantemente in transito, in divenire. Sono sicuramente più predisposti degli adulti ad affrontare i momenti di crisi. La pandemia ha messo in discussione le nostre routine, le nostre abitudini. I giovani, navigati navigatori di internet, erano già predisposti a vivere always on, sempre connessi, attraverso i diversi dispositivi mobili e, quindi, hanno affrontato questa situazione di crisi e il conseguente isolamento sociale con maggiori competenze digitali, rispetto agli adulti. Sicuramente non è stato semplice e non lo è ora. Tutti devono assumere comportamenti responsabili per la sicurezza, individuale e collettiva, ed essere consapevoli di quello che stiamo vivendo. Tuttavia, devono anche essere messi in condizione di accedere agli strumenti tecnologici e utilizzare al meglio i media digitali. Quindi è necessario che le istituzioni mettano in atto strategie e politiche per superare il digital divide che sta generando nuove disuguaglianze sociali e culturali».
Nei contenuti dei tuoi corsi di sociologia e di comunicazione cosa è cambiato? A parte le videoconferenze, le video-lezioni, gli zoom, skype e multivision vari, come hai comunicato con i tuoi allievi e quali nuovi insegnamenti hai fornito loro ?
«Per le lezioni universitarie, io e i miei colleghi abbiamo utilizzato piattaforme digitali per la formazione a distanza. Tuttavia, io sono partito subito, senza esitare, con un sistema misto di lezioni online, utilizzando il mio canale youtube per le dirette con i miei studenti, una pagina facebook per condividere materiali e opinioni e poi con la piattaforma Teams suggerita dal mio ateneo. Inoltre, nel corso di tutti i miei insegnamenti, ho adottato anche quello che, ormai, è riconosciuto come un vero e proprio strumento didattico innovativo e alternativo, unico in Italia, il mio Mooc (Massive open online courses) “I Linguaggi della Creatività”, disponibile su Federica Web Learning dell’Ateneo Federico II di Napoli, la prima piattaforma in Europa che ha 300 corsi a distanza ed è nelle prime dieci nel mondo (Federica.eu). Un corso online con video-lezioni, inedito nel suo genere, che ho deciso di far partire prima del previsto per fronteggiare l’emergenza e fornire un ulteriore strumento di didattica a distanza utile ai miei studenti dell’Università Federico II ma anche dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli e del progetto Creative Lab Napoli. A partire dal 2005, alcuni celebri artisti della scena musicale italiana di ieri e di oggi, come Mango, Lucio Dalla, Alex Britti, Edoardo Bennato, Ligabue e Jovanotti, sono stati protagonisti con me di conversazioni universitarie nel ciclo di seminari “I Linguaggi della Creatività”, presso l’Università di Napoli Federico II. Ognuno di loro, da testimone privilegiato del mutamento sociale e culturale in atto, ha fornito la propria chiave di lettura su temi come arte, musica, creatività, innovazione, giovani, mezzi di comunicazione di massa e media digitali. Tali conversazioni sono ora contenute, sotto forma di video interventi, nel mio corso online gratuito e accessibile a tutti, oltre che ai miei studenti sulla piattaforma Federica.eu: da Edoardo Bennato e Lucio Dalla fino a Ligabue e Jovanotti, le popstar del nostro panorama musicale si confrontano a distanza con i grandi sociologi e diventano una traccia da seguire, una specie di libro di testo, che racconta sensazioni ed esperienze, oltre che riflessioni e teorie. Ad esempio, alcuni versi delle canzoni di Ligabue, come quelli contenuti in Almeno credo, raccontano in modo semplice e diretto lo smarrimento dell’uomo contemporaneo e possono essere confrontati con le riflessioni di Zygmunt Bauman sulla società dell’incertezza, così come la canzone Tra palco e realtà dello stesso artista richiama le teorie di Erving Goffman sui concetti di “scena” e “retroscena”. Tali considerazioni, come tante altre, sono oggetto delle 6 lezioni tematiche che vedono come docenti d’eccezione gli artisti stessi. Il link al Mooc è il seguente: https://landing.federica.eu/linguaggi-creativita/ ».
Eravamo preparati a questo? Questa esperienza, così veloce, così scioccante a parte l’urto violento, la paura, l’angoscia per il futuro, come può essere utilizzata da voi sociologi per trarre spunti positivi per il futuro, soprattutto per le nuovissime generazioni, già in difficolta di adattamento in questo continuo mutare di abitudini e costumi. Fino a ieri parlavamo al telefono, scrivevamo messaggini su whatsapp e ci scambiavamo foto e piccoli video in Instagram. L’abitudine a videochiamarci, in questi giorni di domiciliari forzati, oltre che a sentirci soltanto cambierà per sempre la comunicazione a distanza?
«La pandemia ha generato panico, paura e smarrimento. L’eccesso di informazione sull’emergenza sanitaria se, da un lato, sembra aver garantito un’informazione costante, favorendo una maggiore consapevolezza dell’emergenza, dall’altro, ha generato una forte sensazione di insicurezza, determinando talvolta disinformazione e fake news che hanno contribuito al disorientamento collettivo. Siamo passati da una prima fase, in cui la responsabilità principale era affidata alle istituzioni, a una fase 2 e 3 in cui sono gli individui a dover adottare comportamenti responsabili e consapevoli. In ogni caso, stiamo rinunciando a parte della nostra libertà individuale in favore di una rassicurazione collettiva e una sicurezza condivisa. Tuttavia, le opportunità che le tecnologie digitali stanno generando in questo momento drammatico, oltre alla consapevolezza di un potenziale uso strategico e intelligente dei nuovi strumenti, potrà favorire, per il futuro, inediti scenari di innovazione e nuove modalità di comunicazione in diversi ambiti. Il Covid-19 rappresenta uno spartiacque tra il prima e il dopo, anche per quanto riguarda la formazione universitaria e scolastica. Il problema ora non è tornare o non tornare in aula ma farlo con prudenza e responsabilità. I mooc possono rappresentare un valido sistema integrativo per arricchire l’offerta didattica anche in futuro, ma i giovani hanno bisogno di stare insieme, di contatto e di relazioni dal vivo».
Quanto tutto questo influirà sulla musica? Sino a ieri i video erano quasi un piccolo lusso complementare a un brano, per un gruppo o un artista, questi quattro cinque mesi vissuti davanti a cellulari o computer renderanno secondo te ormai indispensabile “vedere” la musica oltre che sentirla?
«In ogni caso e comunque vada, credo che le tecnologie digitali avranno un ruolo sempre più rilevante nei diversi campi, dall’arte all’economia, dalla scienza alla formazione. La sperimentazione di linguaggi inediti e le innovazioni tecnologiche caratterizzeranno anche le principali produzioni culturali e le diverse modalità di fruizione artistica. Sicuramente la musica si dovrà “vedere” sempre di più, anche grazie a nuove tecnologie, e la Bit Generation scoprirà inedite modalità di comunicazione, oltre che di produzione e fruizione culturale. Io attualmente sto coordinando il progetto di ricerca La Sirena Digitale, con l’Università Federico II di Napoli e il CNR- ICAR, in collaborazione con la Rai e l’Accademia delle Belle Arti di Napoli. Un progetto che prevede la valorizzazione del patrimonio musicale partenopeo attraverso le tecnologie olografiche che apriranno a nuove modalità di fruizione culturale e artistica nell’immediato futuro. È lo stesso progetto che io e te abbiamo presentato, in anteprima nel 2019, al MEI – Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza, nell’ambito dell’evento Dal Napule’s Power alla Bit Generation, assieme all’artista Francesca Fariello, espressione del contesto musicale rock indipendente ma anche la principale protagonista de La Sirena digitale, in cui contribuisce, in veste di ricercatrice e di artista, a ridefinire il repertorio sonoro tradizionale – attraverso la tecnologia degli ologrammi e mediante esecuzioni in chiave pop-rock – di alcuni brani del repertorio della canzone classica napoletana che ha tradotto e interpretato anche in cinese e inglese. Con Francesca stiamo lavorando anche a un progetto scientifico e artistico che, a partire da una sua produzione musicale, richiama l’immaginario connesso a Blade Runner e affronta i temi della memoria, dell’identità e del futuro. Un riflessione sul rapporto uomo – macchina che apre a nuovi interrogativi oltre che a inediti scenari culturali e tecnologici».
Lello Savonardo insegna Teorie e Tecniche della comunicazione e Comunicazione e Culture giovanili presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e Storia e Teoria dei Nuovi Media presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli. Coordina l’Osservatorio Territoriale Giovani (OTG) dell’Università di Napoli Federico II, F2 RadioLab, la webradio dello stesso Ateneo e il laboratorio Creative Lab Napoli (Comune di Napoli/Regione Campania). È membro del Comitato scientifico della Film Commission Regione Campania di cui è stato componente del CDA. È stato Segretario Generale dell’Associazione Italiana di Sociologia (AIS), referente di Ateneo e coordinatore scientifico dei progetti Contamination Lab Napoli (Miur/Mise) e Startup Music Lab (MiBACT/SIAE) ed è stato consigliere per la comunicazione del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio. Ha pubblicato diversi volumi, saggi e articoli scientifici sulla comunicazione, le culture digitali, i social media, i linguaggi musicali e giovanili, anche in collaborazione con sociologi come Derrick de Kerckhove, Franco Crespi e Domenico De Masi. Tra le sue principali pubblicazioni: Pop music, media e culture giovanili. Dalla Beat Revolution alla Bit Generation (Milano, 2017 – a breve sarà pubblicato per il mercato europeo, in lingua inglese, da Bocconi University Press); Sociologie de la musique. Construction sociale du son des tribus au numérique (Belgique, 2015); Bit Generation. Culture giovanili, creatività e social media (Milano 2013).
Il Mooc (Massive open online courses) “I Linguaggi della Creatività” è disponibile su Federica Web Learning dell’Ateneo Federico II di Napoli, la prima piattaforma in Europa che ha 300 corsi a distanza ed è nelle prime dieci nel mondo (www.federica.eu). Un corso online con video-lezioni, inedito nel suo genere, che ripropone le conversazioni tra Lello Savonardo e alcuni celebri artisti della scena musicale italiana di ieri e di oggi, come Mango, Lucio Dalla, Alex Britti, Edoardo Bennato, Ligabue e Jovanotti. Artisti che, dal 2005, sono stati protagonisti dell’omonimo ciclo di seminari promosso dall’Università di Napoli Federico II. Il link al Mooc è il seguente: https://landing.federica.eu/linguaggi-creativita/