(di Claudia D’Agnone) Salvo ha undici anni, vive con gli zii in Trentino dopo la morte della madre e l’ultima volta che ha visto suo padre è stato sette anni prima, quando questi venne arrestato sotto i suoi occhi. Vincenzo, il papà di Salvo, uscito dal carcere, si presenta alla Comunione del ragazzo e lo coinvolge in un viaggio on the road alla ricerca di vendetta.
Questa è la trama de Il ladro di giorni, nelle sale dal 6 febbraio, scritto e diretto da Guido Lombardi, un racconto on the road che promette tensione e colpi di scena, ma che in realtà non ne regala poi così tanti.
A vestire i panni di Vincenzo c’è Riccardo Scamarcio, sempre a suo agio nei ruoli da cattivo, che fa il suo mestiere al meglio, ma senza particolari guizzi. Bene anche nel ruolo di Salvo il giovane Augusto Zazzaro, nomen omen per il bambino che avrà il potere di far spuntare una coscienza a un padre che inizialmente lo coinvolge nel suo viaggio soltanto come garanzia, perché “un bambino è meglio di una pistola”.
Se l’idea del racconto on the road è vincente e richiama in maniera neppure troppo velata alle scorribande de L’isola del tesoro, libro che il giovane Salvo legge durante il viaggio, qualcosa nella scrittura e anche nella stessa regia sembra non funzionare. Guido Lombardi, autore anche del libro omonimo, non sfrutta appieno la materia prima, sicuramente interessante (il soggetto de Il ladro di giorni valse a Lombardi il Premio Solinas Storie per il cinema nel 2007): sin da subito l’umanità di Vincenzo pare ritrovata, mentre il viaggio per portare a termine una consegna determinante dura fin troppo.
Tra momenti didascalici (come quello della processione con flagellazione in Puglia) e qualche ingenuità, il film scorre lento, sostenuto dai due protagonisti che da soli però non riescono a reggere il peso di un racconto che avrebbe bisogno di qualche colpo di scena in più e di uno studio più profondo sui personaggi.
Il ladro di giorni, che da principio sembrava essere l’uomo colpevole dell’incarcerazione di Vincenzo, si rivelerà invece essere lo stesso protagonista, che ha anteposto il crimine prima e la sete di vendetta poi all’affetto per i suoi cari.