(di Alfonso Romeo) Un sogno per papà, titolo italiano per Fourmi, è il nuovo film di Julien Rappeneau, con protagonisti François Damiens e Maleaume Paquin. Il lungometraggio, in uscita al cinema a partire dal 5 dicembre, nasce come trasposizione cinematografica di una graphic novel spagnola (Dream Team di Mario Torricellas e Arthur Laperla), rimodellata dalla fantasia di un regista che vanta una lunga carriera da sceneggiatore, deciso a costruire una storia dalla dimensione intimistica e fortemente emotiva.

Laurent (Damiens) e Theo (Paquin), rispettivamente padre e figlio che vivono in un’imprecisata provincia francese, stanno passando un momento piuttosto complicato. Laurent è separato dalla moglie e dopo l’accaduto ha sabotato la propria vita isolandosi tra alcolismo e risse al bar. Suo figlio Theo, che frequenta soltanto le scuole medie, è l’unico tramite per mantenere un equilibrio, seppur precario, tra i genitori. Il ragazzino è molto bravo a giocare a calcio, e dopo un colloquio andato male per poter entrare a far parte dell’Arsenal perché di statura troppo bassa, decide di mentire, sia per non deludere il padre che per aiutarlo a trovare nuovamente l’entusiasmo di un tempo. Così procedendo, però, si instaureranno dinamiche controverse, che finiranno per diventare più grandi del piccolo Theo.

Un sogno per papà è insieme un elogio e una critica a un certo modo di essere genitore, soprattutto per quanto riguarda l’alimentare (spesso anche troppo) nei propri figli passioni e sogni da tempo abbandonati. In tal senso, il film presenta molti tratti in comune con il nostrano Bellissima (1952) di Luchino Visconti, anche se le dinamiche, questa volta, hanno tinte tutte maschili. Il rapporto di amore incondizionato e complicità tra padre e figlio, le ambizioni e il riscatto da una vita costellata da rimpianti sono i punti distintivi del film, messi in scena con un tono agrodolce. Spiega Rappeneau: «Non c’è niente che mi piaccia di più di un film che mi fa ridere e commuovere un attimo dopo. In Un sogno per papà l’inganno di Theo è uno spunto che si presta alla commedia e alla drammaturgia: cosa nascondiamo? Cosa inventiamo per celare la verità? ».

Sebbene la linearità del ritmo narrativo scelto possa riservare a volte alcune debolezze, il film offre a giovani e meno giovani molti spunti su cui riflettere ed è in linea con la cifra autorale del regista. A differenza del suo film precedente (Rosalie Blum del 2015) in cui il protagonista non riusciva a smettere di comportarsi come un bambino, qui il personaggio principale ha dodici anni eppure è investito di tutte le preoccupazioni del mondo adulto, tanto da riuscire a carpirne l’arma segreta: la bugia.