(di Alfonso Romeo) Nel 2012 Maria Semple dà alla luce un romanzo epistolare dal titolo Dove vai Bernadette?, che diventa in breve tempo un best seller raccomandato dal New York Times. La storia, incentrata su una donna di mezza età in crisi, ha subito riscosso un certo interesse da parte dell’industria cinematografica, tanto che nel 2013 Annapurna Pictures e Color Force ne acquistano i diritti. Il progetto rimane misteriosamente nel cassetto per diversi anni, quando i produttori lo portano all’attenzione del regista Richard Linklater, autore di opere come School of Rock (2003) e Boyhood (2014).

Il lavoro non è affatto facile: dalla valanga di lettere ed email che creano il romanzo bisogna tirar fuori un’anima, anzi più anime, con dei personaggi e delle immagini. Il risultato di questo smontaggio e rimontaggio di un puzzle è Che fine ha fato Bernadette?, al cinema dal 12 dicembre.

 

Bernadette Fox è, come tante donne prima di lei, un ex astro nascente del suo settore lavorativo, ex promessa dell’architettura, ex genio, ex artista: semplicemente, è un’ex. A causare questo nuovo, disprezzato titolo, anni e anni di matrimonio con Elgie (Billy Crudup) e di premure nei confronti della figlia Bee (Emma Nelson). Bernadette ha lasciato che il suo genio creativo venisse sepolto dalla quotidianità della vita di coppia, dal trasferimento nell’odiata Seattle e dalle responsabilità genitoriali. Ma ogni repressione crea uno stato di guerra: Bernadette crolla quando Bee propone un viaggio in Antartide insieme a tutta la famiglia, e decide di fuggire fisicamente da quei ruoli che le avevano rubato l’identità.

Che fine ha fatto Bernadette? è stato ridipinto con sapienza e tagliente ironia nel suo passaggio da romanzo a lungometraggio, in modo da creare una protagonista crepuscolare ma estremamente energica, vittima ma non perdente. Cate Blanchett è magistrale nell’unire intelligenza nevrotica e sarcastico nichilismo a una presenza scenica maestosa, per quella che si potrebbe definire una versione a Xanax ridotto della sua Blue Jasmine diretta da Woody Allen (2013).

La vena femminista del film, irriverente ma non chiassosa o martirizzante, si muove sugli stessi binari di Gone Girl (David Fincher, 2014) o Tully (Jason Reitman, 2018): anche qui, la protagonista è una donna che ha barattato le sue aspirazioni con la sua relazione.

Sebbene sprovvisto di momenti particolarmente ritmati o colpi di scena, Che fine ha fatto Bernadette? procede piacevolmente fino alla fine, veicolando un messaggio che d’altronde è cromosomicamente universale: dare ascolto alle proprie inclinazioni, dal momento che è impossibile sfuggire a se stessi.