Preparate i fazzoletti, perché ora si piange. Come piansi io, tenero sedicenne, assistendo al film di cui ci occupiamo adesso. Tutti si ricordano il titolo, Anonimo veneziano, pochi invece rammentano che l’idea e la regia del film furono di Enrico Maria Salerno, per l’occasione in combutta con Giuseppe Berto e scusate se è poco. Amore e morte, sullo sfondo ideale di una Venezia non ancora violentata dai mostri a dieci piani e dai progetti salvifici che però, orcocan, costano tanto e non sono mai pronti.
La coppia Tony Musante/Florinda Bolkan funzionò eccome, nei panni dei protagonisti, ex moglie e marito ormai divorziati da anni. I due sono lontani e dispersi nel mondo, ma quando il musicista Enrico apprende di avere poche settimane di vita fa quello che avrei fatto anch’io: invita la sua amata Valeria a passare una giornata a Venezia, per dirle cose che solo i moribondi possono dire senza paura di essere fraintesi. Valeria è sospettosa, ma risponde presente. L’amore, nella consapevolezza del tempo ridotto ai minimi termini, si riaccende come una volta, forse per ricordarci che lui, l’amore, è un attimo fuggente, una Ferrari che ha bisogno di manutenzione accurata e continua. Altrimenti ci si ritrova a piangere su ciò che è stato e che non sarà mai più, accompagnati dalla musica celestiale di Stelvio Cipriani per canali o nella casa dei tre Oci, o magari in una chiesa sconsacrata dove l’attacco del Concerto in Re minore per oboe, archi e basso continuo di Alessandro Marcello, fratello di Benedetto, ci darà il colpo di grazia.
Colgo l’occasione per informarvi che molti anni dopo ho conosciuto l’androgina Florinda, a casa di amici, e che a gentile richiesta le ho suonato alla chitarra Like a Rolling Stone di Bob Dylan. Tiè.
Intanto, in Inghilterra, un ragazzone timido e geniale registrava il suo secondo album, Bryter Layter, che suona come il “Più tardi ampie schiarite” del bollettino meteorologico. Lui è Nick Drake, anima disperata del suo tempo, autore e musicista sublime quanto depresso e incompreso. Certo, dopo i suoi tre dischi e la sua morte per overdose di farmaci, diciamo pure suicidio, la stella cadente di Nick si accese, esplodendo in forma di supernova folgorante nei cuori di noi tutti. Ma ormai era troppo tardi. Però le disperate domande che il ventiduenne Drake rivolge chissà a chi, alla “quasi fidanzata” Sophia Ryde o magari alla sua vagheggiata musa Francoise Hardy nella lancinante Northern Sky ci resteranno sempre dentro insieme al pianoforte di John Cale, che rifinisce il brano come una cascata di pietre preziose rovesciate sulle pietre del fiume Arden, vicino alla casa di Nick, a Tanworth.
Would you love me for my money?
Would you love me for my head?
Would you love me through the winter?
Would you love me ‘til I’m dead?