(di Alfonso Romeo) Scott Z. Burns appartiene a quella stirpe di registi che hanno scelto, assorbito e fatto proprio un genere ben definito, al pari di Alfred Hitchcock o Brian De Palma. Nello specifico Burns decide di declinare il thriller politico in ogni sua sfumatura, dopo averlo perfezionato nelle opere precedenti e soprattutto nell’ultimo successo targato Netflix, Panama Papers, di cui firma la sceneggiatura. Ma l’indice di gradimento (di pubblico e critica) raggiunge l’apice con The Report, di cui Amazon Prime Video ha acquistato i diritti per 14 milioni di dollari, con la diffusione sulla piattaforma a partire dal 29 novembre, dopo il passaggio nelle sale solo il 18, 19 e 20 novembre.
Qui la scelta del regista è quella di destrutturare l’impostazione più classica del thriller, donandogli le fattezze di un docu-drama, e basandosi su una storia vera che nel 2014 mise in imbarazzo l’intero establishment politico americano, a partire dal presidente Obama.
The Report, infatti, racconta le traversie di Daniel Jones (interpretato da Adam Driver), giovane membro del Senato degli Stati Uniti, cui viene assegnato il compito di indagare in assoluta segretezza sul Programma di Detenzione e Interrogatorio, ideato dalla CIA per i sospettati di terrorismo a seguito degli eventi dell’11 settembre. Non passerà molto tempo prima che Jones scopra la verità, cioè una serie di vere e proprie torture fisiche –una sfociata nella morte- cui venivano sottoposti i detenuti. La senatrice democratica Dianne Feinstein (Annette Bening) è decisa a far emergere la violenza ingiustificata operata dalla CIA, scontrandosi con le ovvie, forti pressioni (in primis della Casa Bianca) affinché al contrario si metta tutto a tacere.
Il titolo originario del film era The Torture Report, ma non a caso la scelta finale ha preferito sottrarre il termine “torture”, per poi riproporlo, cancellato, nei titoli di testa: un’enfasi piuttosto esplicita della volontà, da parte dei poteri forti, di insabbiare e far finire nel dimenticatoio le circostanze più scomode.
Raffinato e colto, assolutamente schierato ma mai prevedibile, The Report può contare su un livello recitativo magistrale e su una fotografia coinvolgente, che pone in continuo contrasto la piccolezza dell’uomo con la forza dello Stato, rappresentata dalle inquadrature solenni ai palazzi del potere. Il film conquista lo spettatore senza effetti speciali, senza chiasso. Non con esplosioni o sparatorie, ma con continue riflessioni sul limite cui uno Stato legalitario debba fermarsi prima di diventare peggiore del nemico; o, più semplicemente, su dove stiano il bene e il male.