Nel mio personale podio fra tutti I capolavori che il genio di Woody Allen ci ha regalato, Manhattan è sul gradino più alto. Gli anni Settanta se ne andavano con la celebrazione più meritata: un’opera praticamente perfetta, dall’incipit declinato sulle note di Gershwin al finale amaro ma non tragico, che sembra (col senno di poi) avvertirci dell’arrivo di un decennio nuovo, in cui le nostre illusioni saranno messe a dura prova.
Le città, le grandi città, sono fatte per essere svisceratamente amate e odiate. Cresciute nei decenni, o nei secoli, per far dire al poeta che ne vuole inseguire l’essenza intima, dopo averla scrutata, squadernata, irrisa, amata, “New York (Parigi, Roma, Londra) era la sua città. E lo sarebbe sempre stata.” Questo scrive, il nevrotico autore televisivo Isaac/Woody della New York in bianco e nero dove si arrabatta vivendo storie che a noi, nel 1979, sembravano di ordinaria esagerazione. La moglie di Isaac/Woody lo lascia per un’altra donna, lui oscilla tra la compagna del suo migliore amico, la radical chic Diane Keaton, e l’incantevole diciassettenne Tracy/Mariel Hemingway, cioè i temuti anni Ottanta che incombono all’orizzonte. Detta così Isaac sembra un mascalzone, in realtà è solo il fragile uomo di fine millennio, un quarantenne confuso e infelice con la maschera improbabile e occhialuta di sua maestà Woody.
Alla fine, dopo la memorabile elencazione delle cose per cui vale la pena vivere, noi spettatori spingiamo quasi fisicamente Isaac nella sua corsa disperata verso l’aeroporto, dove Tracy sta per partire alla volta del suo futuro londinese. La raggiungiamo, noi e Isaac, ma solo per vedere il decennio migliore della nostra vita che ci saluta, con un ultimo bacio d’amore.
Qual è il trait d’union che ci porta a parlare, dopo la pietra miliare Manhattan, di una canzoncina lieve come Video Killed the Radio Star? Lo vedremo dopo. Intanto, registriamo il fatto che questa melodia persiste in radio, in ascensore e nell’etere tutto a distanza di quarant’anni. La settimana scorsa era sullo sfondo sonoro del mio supermarket, e avreste dovuto vedere come tutti canticchiavano, riflettendo se scegliere il prosciutto di montagna o il San Daniele.
I Buggles, chi erano costoro? Trevor Horn e Geoff Downes non sono due sprovveduti, lo dimostra la loro frequentazione assidua e multitasking con gente come gli Yes, gli Asia o i King Crimson. Ed ecco perché Video Killed the Radio Star ci ammalia ancora oggi, è roba di qualità, pop di assoluto valore. È quello che la Tracy di Manhattan troverà, probabilmente, sbarcando all’aeroporto di Londra: gli anni Ottanta che, piaccia o non piaccia, le danno uno spietato benvenuto.