Eh, che anno il 1970. Visto da destra, l’auspicabile inizio della fine di un sogno. Visto da sinistra, il germe della trasformazione di quel sogno in qualcosa di più duro e indigesto. Fatto sta che il 4 maggio 1970, nel campus della Kent University, Ohio, USA, quattro studenti che manifestavano pacificamente con centinaia di colleghi contro la guerra del Vietnam vennero uccisi dalla Guardia Nazionale che sparò ad altezza d’uomo.

Il 21 maggio era già pronta per l’incisione definitiva una grande canzone, Ohio. Crosby, Stills, Nash e Young erano rimasti sconvolti dal massacro e avevano deciso di rispondere da par loro a quell’atrocità. E lo fecero senza paura, spiattellando in musica il nome che l’intera America democratica sapeva esserne il responsabile: Richard Nixon. “Tin soldiers and Nixon comin’…” recitato come un mantra, un loop ipnotico gridato con rabbia da Neil Young, un riff di chitarra che sgorga dal cuore per colpirne altri, milioni di cuori americani spezzati dalla foto in bianco e nero di Jeffrey Miller a terra, ferito a morte dai tin soldiers di Nixon. Crosby, si sente chiaramente alla fine del pezzo, grida piangendo “Four, why? Why did they die?” (Quattro, perché? Perché sono dovuti morire?) e “How many more?” (Quanti altri ancora?).

Per me, per noi qui in Italia, l’eco di quella tragedia, di cui pochi conoscevano spessore e dettagli, arrivò piuttosto flebile. L’America era ancora l’altro mondo, l’Ohio un posto sconosciuto ai più. Alle manifestazioni si andava in tanti, gridando “Nixon boia!”, ma la consapevolezza era, in generale, abbastanza approssimativa. Un po’ come quella dello studente Simon di Fragole e Sangue, il nostro film del 1970, che finisce coinvolto nella protesta studentesca di San Francisco perché innamorato dell’attivista Linda.

Allora, a Roma, si andava nei cinemetti fuori circuito, frequentatissimi dai giovani dell’epoca, a vedere Fragole e sangue (o Comma 22, o Hair), quasi come carbonari. Gonne fiorate, jeans logori a zampa, cappellini e collanine eccentrici, magliette col Che, si incontravano al “Nuovo Olimpia”, al “Farnese”, magari al “Rialto”, con aria engagée, convinti della propria superiorità morale su tutto il resto del mondo.

Mi piacerebbe rivedere Fragole e sangue oggi, per capire se, cinquant’anni dopo, sono invecchiato in modo almeno accettabile. Certamente lo farò, certamente mi commuoverò ancora sentendo The Circle Game di Joni Mitchell dalla voce di Buffy Saint-Marie, certamente sentirò ancora una fiammella accendersi, vedendo gli studenti, in cerchio, scandire sul parquet del basket “Give Peace a Chance”, di John Lennon.

Almeno, lo spero.