(di Claudia D’Agnone) In un periodo storico di insofferenza e indifferenza verso il prossimo è arrivato Pane dal cielo, un progetto indipendente fortemente voluto dal regista pubblicitario Giovanni Bedeschi, che mira a dare un volto a tutte quelle persone che incontriamo quotidianamente e che per noi restano ai margini del campo visivo. E sono ai margini sul serio, delle strade, della vita. Ma hanno delle storie, racconti di vita vissuta che Bedeschi ascolta da anni durante le ore di volontariato all’Opera San Francesco a Milano e che lo hanno spinto a creare questo progetto.
Grazie al patrocinio della città di Milano, a una campagna di crowdfunding e alla scelta degli attori di non ricevere un compenso, il film ha visto la luce.
È il 24 dicembre e la storia si apre con il ritrovamento di un neonato dentro a un cassonetto, tratto in salvo da due clochard, Lilli e Annibale, che hanno fatto della stazione di Milano Greco Pirelli la loro dimora. E se l’incipit e lo stesso titolo ve lo fanno sembrare un lavoro destinato ai credenti, dategli e datevi una chance, perché prima di essere fedeli o meno (di qualsivoglia religione) siamo tutti persone. E il nodo della storia è proprio qui, è proprio tutto legato agli esseri umani. Lilli e Annibale, infatti, portano il bambino in un ospedale pediatrico, ma nessuno riesce a vederlo e i due vengono trattati come pazzi. Ben presto i due protagonisti si renderanno conto che non sono gli unici a vedere il neonato, ma che anche altri senzatetto come loro avvertono la presenza del bimbo. Il richiamo alla cristianità è evidente, ma la trasposizione umana mira a scuotere ogni coscienza: il bambino è visibile solo a chi ha un animo buono ed è disposto a guardare il prossimo per davvero. Sullo sfondo, una Milano grigia, presa dalla frenesia, dal business, offuscata dai pregiudizi, inasprita negli animi, diffidente verso chiunque.
A impreziosire un lavoro già pieno di valore, l’interpretazione di Paola Pitagora nel ruolo di Ada, una signora ricca e generosa, il vero trait d’union tra la società e “gli ultimi”.
In un susseguirsi di fiabesco e cruda realtà, Pane dal cielo parla di noi, della collettività respingente che siamo diventati, spaventati dal prossimo e con troppe cose cui pensare per occuparci di chi versa in condizioni peggiori delle nostre.
Il finale della pellicola, che sembra chiudersi con la sparizione del bambino, che ha ormai assolto al suo compito, è invece aperto alle possibilità di cambiare, di essere migliori di quello che siamo e condividere tutti finalmente una fede comune: quella negli esseri umani.
Seguite la pagina https://www.facebook.com/panedalcielofilm/ per conoscere le prossime date di proiezioni e non lasciatevi sfuggire l’occasione di guardare questo film, per il bene del cinema indipendente e un po’ anche per il vostro.