(di Claudia D’Agnone) Io, Dio e Bin Laden (Army of One), al cinema dal 25 luglio distribuita da Koch Media, è l’ultima commedia di Larry Charles (Borat), che racconta l’incredibile storia vera di Gary Faulkner, un carpentiere americano che partì undici volte per il Pakistan con l’intento di scovare Osama Bin Laden.
Secondo il racconto che lo stesso Gary rilasciò al New York Times nel 2010, Dio gli apparve in sogno una notte e gli affidò la missione di catturare il capo di Al Qaeda. La storia arriva all’attenzione del produttore Jeremy Steckler, che affida a Scott Rothman e Rajiv Joseph il compito di trasformarla in una sceneggiatura. Il ruolo principale viene affidato a un irriconoscibile Nicolas Cage, attore di chiara fama che ha frequentato, nella sua lunga carriera, molto poco il genere commedia ed è stato subito attratto dall’irriverenza del personaggio.
Gary Faulkner, infatti, è un uomo singolare: affetto da una malattia renale che lo costringe a continue cure, in barba a ogni malessere fisico e contro i dettami della ragione, decide di partire per il Pakistan su istruzione, a suo dire, divina, senza alcun piano reale, armato di una katana acquistata su un canale televisivo. Convinto prima di poter raggiungere i luoghi in cui Bin Laden si nasconde a bordo di un’improbabile barchetta e poi di un deltaplano, si reca finalmente dall’altra parte del mondo con un comune aereo di linea. E questo primo viaggio darà l’avvio a una serie di avventure paradossali.
Se l’intento è quello di raccontare un moderno Don Chisciotte, le riprese e talvolta persino la sceneggiatura ci restituiscono un racconto ai limiti del grottesco, forse troppo spinto sulla risata. Pochi e altrettanto poco rilevanti i personaggi di contorno che Faulkner incontra nei suoi numerosi viaggi, tra persone fisiche e immaginarie, un filo troppo didascalica anche la personificazione divina cui presta il volto Russell Brand.
Oltre a Cage, perfetto nei panni di Gary e surreale al punto giusto, adeguata al ruolo anche Wendi McLendon-Covey, che interpreta Marci, un’amica di scuola di Faulkner che lo accoglie, senza alcuna buona ragione apparente, nella sua vita. Nonostante l’incomprensibile fiducia che ripone nell’uomo, gli scambi tra i due e la chimica risultano credibili e rendono le loro scene le più realistiche e anche, probabilmente senza intenzione, le più riuscite.
Gary viene riportato negli Stati Uniti d’America dalla Cia, che mette fine al suo folle piano d’azione. Gary Faulkner, divertente portavoce di un eccessivo patriottismo, è un personaggio tragicomico che alla fine del film non può che risultarci simpatico, ma non riesce comunque, da solo, a sostenere tutta la pellicola che rappresenta comunque un discreto momento di evasione.