(di Claudia D’Agnone) Mattia Bellegrandi, in arte Briga, presenta il suo nuovo album Che cosa ci siamo fatti, in uscita il 1° giugno e anticipato in radio dal brano omonimo, un concept album sull’incapacità giovanile di relazionarsi.

L’artista romano, ex concorrente di Amici, smette i panni del rapper per vestire quelli di cantautore. E, riguardo al suo cambiamento artistico, si esprime lui stesso con un messaggio scritto all’interno dell’album “Questo disco non ha mercato e non è radiofonico. Se stai leggendo, vuol dire che lo hai comprato. Se lo hai comprato, vuol dire che mi hai dato fiducia. Se mi hai dato fiducia, hai sbagliato. Se hai sbagliato, fottitene e continua a sbagliare”.

Dopotutto «la paura è il pane dei sognatori», ci dice, e buttarsi in questa avventura diversa non lo ha spaventato. Se da una parte si distacca dal talent che lo ha reso famoso, riconosce alla scuola televisiva un valore didattico di cui lui stesso ha potuto beneficiare.

La popolarità, invece, per il cantautore romano, è secondaria e non crede neppure per un secondo di aver ottenuto l’approvazione a questo progetto così diverso solo perché forte di un certo riscontro di pubblico, anzi «quando arrivi con canzoni divertenti e spensierate come Baciami e il pubblico ha di te quell’immagine è paradossalmente più difficile proporre qualcosa di diverso, più rischioso. Ma io vado dritto per la mia strada e sono molto sicuro di quello che voglio fare quindi non mi importa. Volevo fare questo disco così».

L’album è quasi la colonna sonora del suo stesso romanzo Novocaina, scritto a quattro mani con Andrea Passeri e pubblicato nel 2017 per cui non nega di vedere un futuro cinematografico: il libro si chiude con la poesia Se ti sbranassero gli squali, che è il titolo del brano, ispirato al componimento, che apre invece Che cosa ci siamo fatti.

E il nuovo approccio cantautorale tira fuori un album che racconta una gamma emozionale vasta risultando a tratti contraddittorio, per stessa ammissione del cantante: «È sicuramente contraddittorio, perché l’essere umano vive di contraddizioni, ma è anche forte e provocatorio. Non ho usato parolacce, ma i concetti sono crudi e forse un album di questo tipo è anacronistico in questo periodo storico in cui si punta solo a tirare fuori la hit».

Che il progetto segni un svolta artistica importante nella carriera del cantautore è evidente anche dalla copertina del disco, in cui viene rappresentato all’interno di una piscina vuota che non è altro che «una metafora umana, che ci ricorda che un uomo senza anima è inutile quanto una piscina senza l’acqua».

Accostato vocalmente a Claudio Baglioni e Umberto Tozzi, amante di Antonello Venditti e Gianluca Grignani, Briga ha detto addio al mondo rap, uno stile che ha abbracciato per paura di cantare davvero. «Anche ad Amici, nella mia prima lezione in saletta con Enzo Campagnoli (che collabora al disco, ndr) avevo delle remore a cantare davvero, mi giravo di spalle quando dovevo prendere delle note, avevo molta paura». Un timore vinto che lo ha portato a registrare il disco che avrebbe sempre voluto fare, frutto delle sue esperienze e dei suoi viaggi, un desiderio quasi prevedibile riascoltando i suoi vecchi brani, che risalgono ormai a quasi dieci anni fa e che, in occasione proprio del decennale che ricorrerà l’anno prossimo, potrebbe decidere di incidere di nuovo.

Per ora è totalmente concentrato su Che cosa ci siamo fatti e sull’instore tour che partirà dal 1° giugno, proprio il giorno d’uscita del disco, con un doppio appuntamento: al Varese Dischi di Varese (Via Manzoni, 3 – ore 15.00) e al Mondadori Store di Milano (Piazza Duomo, 1 – ore 18.00).