(di Alessandra Pesaturo) Cosa succede se un giorno alla porta di una famiglia normale bussa la malavita organizzata per lasciare alcuni pacchi sospetti? È quello che capita ai coniugi Laura Morante e Rocco Papaleo in Bob & Marys – Criminali a domicilio, il film di Francesco Prisco, ispirato a una storia vera, che racconta la pratica dell“accùppatura”, nota prassi camorristica nella quale i malcapitati prescelti dalla gang di turno diventano magazzinieri, loro malgrado, di materiale scottante.

Morante e Papaleo sono una coppia di coniugi che vive una vita priva di sussulti, lei operatrice volontaria, lui istruttore di scuola guida. Una notte, dei criminali spietati s’introducono in casa loro e la riempiono di pacchi dal contenuto illegale costringendoli sotto minaccia a non farne parola alle forze dell’ordine. «Dopo tanti anni di matrimonio siamo un po’ spenti – spiega Laura MoranteBob si è adagiato pigramente in un tran tran poco eccitante e poco soddisfacente. Marys invece scalpita, vuole un cambiamento e lo fa mentendo, inventando, manipolando, facendosi pochi scrupoli. Ma come succede nelle commedie a differenza della vita reale c’è sempre un lieto fine o al massimo un finale amarognolo».

E tu, Laura, cosa hai in comune col tuo personaggio?

Mi sono innamorata di Marys appena ho letto il copione, perché osa, va oltre ed è leggermente prepotente e temeraria. Ma è divertente e simpatica tanto che riesce a farsi perdonare tutto. Ha pochissimo di me, forse l’unico punto in comune è che entrambe quando scegliamo un percorso non pensiamo alle conseguenze.

Hai mai sentito la voglia di cambiamento che ha Marys?

Sempre, sono proprio claustrofobica di natura, se sento che una cosa è troppo organizzata, chiusa, definita, sto male. Poi però su certe cose sono inamovibile.

Che cosa ti ha convinto ad accettare un ruolo in una black comedy?

Ho trovato molto originale la storia, mi piaceva il progetto e la visione del regista. E poi mi faceva piacere lavorare con Rocco Papaleo, un attore che stimo e vado sempre a vedere a teatro.

Quale messaggio vuole lanciare il film?

Nessuno credo, non mi piace l’idea che un film, un libro, una poesia, un quadro debba trasmettere per forza un messaggio. Eventualmente chi vuole comunicare fa un’inchiesta o un documentario. Poi magari il regista non sarà d’accordo con me.

In Bob & Marys si commettono dei reati, nella vita ti è mai capitato di trasgredire la legge?

Forse qualche divieto di sosta per distrazione, per mancanza di conoscenza di una regola scritta. Non ho mai rubato nulla, sono poco incline alle trasgressioni. In famiglia quando vivevo con i miei genitori, se un divieto mi sembrava ingiusto lo discutevo all’infinito, sperando di ottenere che venisse modificato. Protestavo con grande veemenza, però non mi riusciva mai di fare la furba.

C’è una scena ballata, sei tornata a un tuo vecchio amore?

Secoli fa ho fatto la ballerina di danza contemporanea, non ballo dalla preistoria e non avevo mai praticato il rock. Girare quella scena non è stato semplicissimo, in quei giorni mi ero infortunata a una mano e dovevo nascondere una fasciatura, mentre Papaleo aveva la febbre alta. Nonostante tutto ci siamo divertiti molto e la scena è riuscita bene.

 

Essendo tu anche regista hai dato qualche consiglio a Prisco?

C’è stata una fase di collaborazione, quando abbiamo sentito il bisogno di cambiare qualcosa nella struttura nella sceneggiatura e nei dialoghi lo abbiamo fatto tutti insieme con Francesco Prisco e Rocco Papaleo.

Dopo Ciliegine e Assolo stai pensando di tornare dietro alla macchina da presa?

Sì, non so ancora quando di preciso, è tutto astratto. Con Daniele Costantini abbiamo iniziato a parlarne, ma non ancora a scrivere. Invece, il prossimo anno torno a teatro con un thriller molto buffo: Voci nel buio di un regista e sceneggiatore americano che si chiama John Phil Meier.