(Hong Kong – dal nostro inviato – Luigi Aversa) Anche quest’anno, fra i tanti eventi in programma, il Filmart ha ospitato un panel di discussione intorno al tema dell’animazione. L’appuntamento con il seminario dal titolo VR/AR: cosa cambierà nell’industria dell’animazione era alle 10.30 presso il Moonlight Theatre.

Nell’evento organizzato in collaborazione dall’Hong Kong Trade Development Council e dall’Annecy International Animated Film Festival and Market (MIFA) hanno preso la parola, moderati da Yann Marchet, delegato generale di Paris Images Digital Summit; Yifu Zhou, VFX Supervisor, vicepresidente e capo dello studio di Pechino della società Digital Domain; Brandon Oldenburg, capo dell’area creativa del Flight School Studio (USA); Jonathan Flesher, capo degli affari e dello sviluppo dei Baobab Studios (USA); Corentin Lambot, produttore di Atlas V; e Francois Klein, produttore di DVgroup, questi ultimi due entrambi provenienti dalla Francia.

Prima di tutto, il moderatore Yann Marchet ha voluto fare chiarezza sul significato delle sigle VR, AR e MR, ovvero: «Virtual Reality, Augmented Reality, Mixed Reality», aggiungendo che quello dell’animazione è un «mercato in crescita: stimato a 9 miliardi di dollari l’anno scorso, 17 quest’anno e 30 miliardi entro il 2025». Quindi ha passato il microfono ai relatori, a partire da Yifu Zhou, il quale ha presentato alcune produzioni della Digital Domain – società americana fondata da James Cameron negli anni Novanta, specializzata nella produzione di effetti speciali digitali per il cinema e leader mondiale del settore – della quale lui è il rappresentante in territorio cinese. Dagli X-Men a Fast & Furious, dalla Bella e la Bestia a Benjamin Button, in video è passata una carrellata di film, tutti realizzati con la collaborazione della Digital Domain. Ma anche in Cina la società Usa sta sviluppando processi creativi interessanti, Yifu Zhou ha detto che «la prima creazione VR originale del suo team, Micro Giants, che mostra una prospettiva delle vita degli insetti senza precedenti, è molto coinvolgente. Generata dal computer, è stata premiata quest’anno sul palcoscenico internazionale al prestigioso Sundance Film Festival».

La parola è poi passata a Brandon Oldenburg, che ha rivelato quale sia il mantra della sua azienda per essere «rivoluzionari, audaci, fantasiosi e innovativi: guardare a un futuro senza confini e andare dove la nuova tecnologia ci porta». «Stiamo creando esperienze attraverso la narrazione e aspiriamo a continuare a espandere l’universo delle nostre storie», ha aggiunto, affermando anche che il mercato dei contenuti per bambini «non è ancora stato sfruttato e il mercato ne ha fame».

Quindi è stato il turno di Jonathan Flesher: «La VR sta portando il pubblico in mondi che altrimenti non esisterebbero. È una sfida completamente nuova. Puoi guardare un film, giocare o aiutare qualcuno nella vita reale, la realtà virtuale combina tutti e tre gli elementi: l’empatia per i personaggi di un film, l’impegno delle sfide nei giochi e la nostra compassione umana nel mondo reale. È così nuovo che nessuno sa ancora nulla, compresi noi. Ma avrà un grande impatto sul futuro. L’animazione tradizionale ormai sembra piatta al confronto».

Corentin Lambot ha raccontato che la sua passione giovanile era il basket e quando ha visto uno dei primi film che combinava l’animazione tradizionale con attori in carne e ossa, Space Jam, con protagonista il fuoriclasse della pallacanestro Nba Michael Jordan, allora è nato l’amore per questo genere cinematografico. Lambot ha parlato di collaborazione con studi stranieri, un’opportunità che gli animatori francesi stanno attivamente cercando. «Il mercato francese è troppo piccolo per essere redditizio», ha detto, «ma le nostre agevolazioni fiscali ci rendono competitivi nel mercato globale. Attraverso le collaborazioni, possiamo competere». La prima collaborazione ottenuta con gli Usa è stata per BattleScar, un’entusiasmante e coinvolgente animazione sulla scena punk di New York, con Rosario Dawson che ha prestato voce, e in parte sembianze, a Lupe, la protagonista. Il prodotto ha avuto un avvio impressionante, dopo essere stato presentato al Sundance e al Tribeca. Una seconda coproduzione americana, Spheres, un viaggio nello spazio interattivo in un “buco nero”, ha anche ottenuto un importante accordo di distribuzione internazionale. «Questi sono segnali positivi di opportunità per qualsiasi start-up nel settore VR», ha concluso Lambot.

Infine, Francois Klein, il quale ha affermato che la peculiarità dello studio digitale è «creare contenuti VR ad alta risoluzione visionari attorno a una narrativa unica, mescolando costantemente generi e formati diversi». Fra i lavori VR interattivi di Klein c’è la pluripremiata Alice: The Virtual Reality Play, che potrebbe indicare il futuro dello storytelling come un’esperienza VR completa, immergendo gli spettatori in una scena virtuale in cui possono interagire fisicamente, in tempo reale, con personaggi e oggetti. «Il contenuto originale è la chiave», ha detto. «Il finanziamento è sempre una sfida, ma VR e AR saranno i piloti per una nuova rivoluzione informatica». «Il palcoscenico è pronto», ha concluso, «per un futuro molto eccitante».

L’altro appuntamento di spicco della giornata di mercoledì è stato quello con l’annuale Summit sull’intrattenimento digitale, diviso in due parti per altrettanti temi. Alle ore 14.00 allo Starlight Theatre Takafumi Yuki  del Tokyo Broadcasting System ha introdotto l’intervento di Shuzo John Shiota, presidente, amministratore delegato e produttore esecutivo della giapponese Polygon Pictures,  che quest’anno festeggia 35 anni in prima linea nell’animazione giapponese e asiatica. Con crediti che vanno da Disney’s Tron: Uprising a Star Wars: The Clone Wars, Polygon è un ponte tra Asia e Hollywood, rimanendo fedele a uno «stile chiaramente giapponese», nato dal patrimonio culturale della nazione degli anime. Tra l’altro, Shuzo John Shiota ha voluto precisare che «mentre in Europa e negli Stati Uniti gli anime sono prodotti visti solo dai ragazzi, in Giappone sono per tutte le età». «Oggi», ha detto Shiota, «Polygon è entrata in una nuova era: i 300 creativi di Tokyo e gli altri 70 in Malesia possono concentrarsi maggiormente sulla produzione indipendente attraverso nuovi canali di distribuzione e opportunità su piattaforme come Netflix e Amazon». Dal loro primo progetto indipendente, Knights of Sidonia, a quello dello scorso anno, Blame, fino alla più recente battaglia futuristica per salvare il futuro dell’umanità, Godzilla, «per la prima volta, siamo ora in grado di trasmettere in modo indipendente alle grandi folle. Non abbiamo grandi budget e grandi star, ma prendiamo molto sul serio la fusione degli stili di animazione con il nostro lato asiatico, raccontando le nostre storie al mondo e cercando di fare ciò che nessun altro ha fatto».

Nella seconda parte si è esplorata la controversa e confusa area del live streaming. E soprattutto si è voluto rispondere alla domanda: Come monetizzarlo?

A parlarne i rappresentanti di tre piattaforme di streaming live: Hong Kong, Corea del Sud e Giappone. La questione della monetizzazione e del guadagno ha continuato a sollevare in realtà più domande che risposte.

Kim Joon Hoo, leader e creatore di Biz TF, sulla piattaforma online e sul motore di ricerca Naver, noto come “il Google della Corea del Sud”, elabora un modello che consente alle celebrità del K-Pop di interagire con i propri fan a livello globale. «Per le star è importante creare una fedele base di fan», ha detto. Senza pubblicità, sponsorizzazioni e abbonamenti «è difficile trovare una fonte di entrate dirette o utilizzare i fan come fonte di flusso di entrate. Ma crediamo che sia un piccolo mercato che può crescere».

Pakkting Tse, manager di Asia Innovations HK, che gestisce una piattaforma di streaming in Asia chiamata “Uplive”, ha dichiarato: «Il nuovo modello della compagnia prevede una versione online di criptovaluta, chiamata Gifto, che offre l’opportunità di guadagnare dall’invio di contenuti. È una piattaforma all’avanguardia che può rendere chiunque per la strada una star e attrarre chiunque abbia del talento».

Akiko Matsumoto, direttore generale di Kadokawa Dwango, fusione del conglomerato dei media Kadokawa che gestisce un sito di condivisione video “niconico”, ha detto che «il flusso di entrate principale dell’azienda è stato l’animazione da una base di abbonamento più convenzionale. Oltre due milioni di membri paganti del sito che trasmettono musica, anime, manga, film e app di giochi per dispositivi mobili. Cerchiamo sempre più contenuti dai creatori perché aumentano la visualizzazione e l’attività online e aumentano le entrate. Dato che lo streaming live diventa parte della vita quotidiana, specialmente tra i giovani, stiamo anche cercando di fare pubblicità in futuro».

Il film del giorno: Ordinary Days di Jordan Canning, Kris Booth & Renuka Jeyapalan. Scritto e prodotto da Ramona Barckert, «è uno dei tanti titoli presentati al Filmart in anteprima da Telefilm Canada», come conferma Jan Miller, della coproduzione internazionale sviluppo contenuti della pattuglia canadese presente al mercato dell’audiovisivo di Hong Kong. Il film racconta la misteriosa scomparsa di una studentessa di college, brillante e atletica, nel corso di cinque lunghi giorni di tensione. Cosa succede quando i giorni ordinari vengono interrotti da un evento straordinario? Il film ce lo mostra narrando la vicenda da tre diverse prospettive: quella dei genitori della ragazza, quella del detective che viene assegnato al caso e, infine, il punto di vista della stessa giovane scomparsa. Una pellicola dall’atmosfera sospesa che raggiunge la maggiore forza emotiva nel capitolo finale, nel quale ci ritroviamo soli con Cara, la protagonista, e con la sua tragica esperienza.