(di Renato Marengo)
Antonella Putignano, preziosa collaboratrice di Cinecorriere, da qualche anno condisce col proprio sagace umorismo il mio programma musicale Classic Rock On Air, che mando in onda sulle maggiori emittenti italiane, con la collaborazione di Maurizio Baiata, su un circuito di oltre 130 radio sia FM che Webradio. Il programma è collegato alle riviste Classic Rock, Vinile e Prog, con le quali collaboro.
L‘idea di affidare ad Antonella Putignano, attrice, ballerina di danza classica, autrice uno spazio che servisse a sdrammatizzare il talvolta troppo serioso mondo della critica rock mi venne quando Antonella, appassionata di rock e dei suoi mitici protagonisti, iniziò a giocare con le parole delle canzoni, dei nomi stessi dei big, dei titoli dei brani creando dei veri e propri piccoli aforismi che battezzai Aforismini, ispirati agli artisti di cui sia il mensile che la trasmissione trattano e che da allora chiudono tutte le puntate settimanali del mio programma.
Antonella fa tante altre cose, provenendo da attività artistiche molto serie e rigorose, ha trovato oggi proprio nella scrittura di testi la sua dimensione professionale. Antonella fa spesso osservazioni e interventi di costume e mi ha colpito quello che qualche giorno fa ha scritto sulla sua pagina facebook in merito ai talent show, settore che da sempre mi trova molto critico circa la possibilità di poter scoprire e lanciare veri talenti emergenti, artisti, autori, oltre che bravi esecutori, soprattutto di cover. Ma non starò a spiegare cose che dichiaro da sempre anche nelle mie trasmissioni, mi piace invece dare spazio ad Antonella. A tal proposito, per confrontarmi con una voce diversa dalla mia, con l’occasione mi fa piacere scambiare con lei pensieri e considerazioni sui percorsi che l’hanno portata oggi da talento emergente di ieri a essere apprezzata autrice di cose indubbiamente dense di una originalissima “ironia rock”, sia in radio che sulla carta stampata.
Antonella, le tue esperienze artistiche pregresse come la danza, la recitazione, il cabaret e infine la scrittura e la radio, ti hanno portata oggi a dedicarti soprattutto all’attività di autrice di testi che molto spesso sei tu stessa a recitare. Quanto è stato importante e necessario il tuo bagaglio per scoprirti negli ultimi anni un’ironica piccola penna?
Caro Renato, noi ci conosciamo da tempo e se devo raccontarmi un po’, non posso non partire dai primi ricordi. Già da piccola, piccolissima, scribacchiavo fesserie, poesie, per far sorridere a tavola, imitavo gli altri, inventavo suoni e non stavo mai ferma. La danza è stata certamente al centro dei miei studi per diversi anni, mi sono diplomata alla Scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma prima, poi nuovamente all’Accademia Nazionale di Danza di Roma, dove mi sono specializzata anche come insegnante, realizzando successivamente anche coreografie teatrali. Credo, però, a essere sincera, di non aver posseduto mai il sacro fuoco per diventare prima ballerina, ma la danza ha certamente marcato e segnato il mio cammino.
Beh è proprio mentre eri tra le allieve migliori dell’Accademia di Danza che, “alla fine del secolo scorso”, ti ho conosciuta, quando assieme a Michael Pergolani ho ideato e diretto per l’Accademia lo spettacolo, andato anche in onda su Rai3 , www.900.it, per voi allievi saggio di fine corso e per l’Accademia di Danza compendio di fine secolo dell’intensa e qualificata attività, anche con l’intervento degli allievi dell’Accademia delle Belle Arti di Roma e di artisti come 99 Posse e Antonio Infantino. Tu brillavi assieme alle migliori allieve dl corso, oltre che per bravura nel ballo, per spirito e personalità. Che è successo dopo la danza?
Ho incrociato poi il cabaret, ho seguito laboratori teatrali, di scrittura e prestissimo ho recitato le mie cose: alcune riuscite meglio, altre decisamente meno. Ci vuole tempo per mettersi a fuoco, anche caratterialmente. Con il tempo si intuiscono meglio i desideri ed i bisogni, come suggerisce Caparezza, “Devi fare ciò che ti fa stare bene”.
Ma prescindendo da questa tua strada autoriale e tornando nuovamente alla danza, io ti ricordo una danzatrice molto espressiva e piena di talento e certamente se ne avessi avuto l’occasione saresti emersa come meritavi. Secondo te, in Italia, in generale, c’è posto per il talento giovane, e credi che in un altro Paese una persona versatile come te avrebbe faticato meno a trovare e a ritagliarsi il suo cammino?
Io da anni insegno e mi occupo di discipline e attività che con la danza hanno un forte legame. In parte ballo ancora, non ho affatto tagliato i fili con le mie esperienze passate, le ho indirizzate e adeguate alle mie necessità, e forse, direi, anche alla la mia timidezza. L’Italia ha in generale, secondo me, un rapporto conflittuale con il talento. O grida al genio, o all’impostore, o al cantante fake. La dimensione che mi sembra si respiri è sempre provvisoria, non getta semi, e non aspetta di vederli crescere. Io non demonizzo per partito preso i talent show tout court, come scrivevo giorni fa su Facebook. Questi programmi sono dei contenitori, possono essere una partenza, un’occasione, ma la domanda è: cosa succede poi? Il mercato discografico, e tu lo sai meglio di me, è in crisi, nei locali è sempre più complicato esibirsi. I teatri non vivono una stagione facile, passami il paragone ma i talent show sono come una sorta di reclutamento. Certo, qui in Italia campare d’arte è impossibile o comunque molto, molto faticoso. Suggerirei: impara l’arte, mettila da parte e intanto fatti un piano B. Poi, se possibile prova a far convivere gli aspetti. Io per alcuni anni, per aiutarmi a sostenere gli spettacoli, o altri studi intrapresi, ho fatto lavori ben lontani dalle cose di cui mi occupo oggi. Sono stata per esempio nei call center, lavoro usurante e faticoso, anzi, invito sempre tutti a essere gentili con i ragazzi al telefono, fanno una gran fatica a stipendi sempre più bassi. Il lavoro è una priorità, anzi un’urgenza per questo Paese. Negli anni ho avuto la fortuna di conoscere grandi artisti e studiare con loro maestri d’arte, perforare surreali, e di tutti conservo sempre ricordi di generosità e umiltà. Con te parliamo e ci occupiamo di musica per la trasmissione Classic Rock on air, e poi come sai, per la rivista Vinile scrivo piccole recensioni. Di musica ne ho sempre sentita tanta. I musicisti, e in generale gli artisti, fanno fatica a emergere perché il mercato non cammina. Suonare dal vivo è un’impresa più che ardua, direi “hardware”, oltre alle difficoltà che ruotano intorno all’artista c’è tutta una catena di persone che sta facendo molta fatica a lavorare. C’è una frase di Nelson Mandela che spiega benissimo che il talento di una persona non è mai un talento solitario ma accende e fa risplendere quello degli altri. E questo è quello che immagino debbano fare i Maestri. E io ne ho avuti alcuni.