Austria, Belgio, Brasile, Cile, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Hong Kong, Ungheria, India, Irlanda, Giappone, Libano, Norvegia, Cina, Polonia, Portogallo, Romania, Senegal, Slovacchia, Corea del Sud, Spagna, Svezia, Taiwan, Regno Unito, Stati Uniti: c’è il mondo intero in concorso alla Berlinale di quest’anno. Nessun italiano, però. Qui, dove nella scorsa edizione aveva trionfato il docufilm di Gianfranco Rosi Fuocoammare, ora in corsa per l’Oscar al miglior documentario, il cinema di casa nostra è presente con un solo film, Chiamami con il tuo nome di Luca Guadagnino, nella sezione Panorama e non nel concorso principale. I veterani Gianni Amelio e Ferzan Ozpetek potevano esserci, così come i giovani Fabio Mollo e Laura Bispuri, presenti comunque al mercato. Invece non se ne è fatto niente.

La rassegna berlinese, in programma dal 9 al 19 febbraio, si è aperta con un’opera prima, Django, di Etienne Comar. Ma il titolo non inganni, non si tratta di un nuovo film sul pistolero vendicatore di Sergio Corbucci-Franco Nero, rivisitato in chiave black da Quentin Tarantino-Jamie Foxx. Il Django del 67° Festival Internazionale del Cinema di Berlino è il leggendario Jean Reinhardt, chitarrista jazz belga di origine sinti, da tutti conosciuto con il soprannome di Django. Il film di Comar, produttore cinematografico all’esordio dietro la macchina da presa, non è però un biopic, si concentra infatti soltanto su un periodo circoscritto della vita del grande musicista, la Seconda guerra mondiale. Racconta, infatti, la sua fuga attraverso l’Europa per sfuggire alla repressione nazista. Nei panni di Reinhardt c’è Reda Kateb, attore francese di origine berbera già visto ne Il profeta, Tutto sua madre e soprattutto come protagonista dell’inedito La resistance de l’air, interessante dramma noir passato alla Festa mobile del 33° Torino Film Festival. Nel cast ci sono anche Cécile De France e  la cantante folk ungherese Palya Bea.

Non sono in competizione, invece, due degli eventi di spicco di questa edizione del Festival: Logan e T2 – Trainspotting (nella foto). Entrambi sequel, il primo della saga Marvel degli X-Men, il secondo del film cult del 1996, sono accompagnati sul red carpet della capitale tedesca da registi e interpreti. Per Logan c’è il protagonista Hugh Jackman, mentre per Trainspotting 2 c’è il regista premio Oscar Danny Boyle.

Ma a proposito di star, queste sono presenti in gran numero alla Berlinale 67. Richard Gere è al seguito del film in concorso di Oren Moverman The Dinner, nuova trasposizione cinematografica de La cena, il bellissimo romanzo dell’olandese Herman Koch, dopo quella di Ivano De Matteo (I nostri ragazzi).

Sienna Miller accompagna Z – La città perduta, un film di James Gray tratto dal romanzo di David Grann. Con lei ci sono anche gli altri interpreti della pellicola, Robert Pattinson e Charlie Hunnam. Ambientato nel 1925, il film racconta la storia del leggendario esploratore britannico Percy Fawcett e della sua avventura in Amazzonia, alla ricerca di un’antica civiltà. Imbarcatosi assieme al figlio, Fawcett vuole provare che la città, da lui rinominata Z, esiste. Ma la spedizione svanisce nel nulla…

Altro titolo non in competizione con un cast di volti noti è Maudie di Aisling Walsh, coproduzione canadese-irlandese in prima europea interpretata da Sally Hawkins ed Ethan Hawke.

Non figura nel concorso nemmeno El bar di Alex de la Iglesia, una commedia nera e demenziale come è nello stile del regista spagnolo.

Pure il film di Stanley Tucci sull’artista svizzero Alberto Giacometti, Final Portrait, titolo entrato fra gli ultimi a far parte della rassegna, è fuori concorso.

Così come il franco-belga Sage femme (Midwife) di Martin Provost con Catherine Frot, Catherine Deneuve, Olivier Gourmet e Mylène Demongeot. E l’anglo-indiano Viceroy’s House di Gurinder Chadha con Hugh Bonneville e Gillian Anderson.

Fra i titoli in concorso, spicca The Party di Sally Potter con Cillian Murphy, Kristin Scott Thomas e un grande Timothy Spall, dove una festa in una casa privata si trasforma in un’assurda serata splatter.

Attesi anche i nuovi lavori della polacca Agnieszka Holland, Pokot (Spoor); del tedesco Volker Schlondorff, Return to Montauk; e del finlandese Aki Kaurismäki, Toivon tuolla puolen (The Other Side of Hope).

Il resto del concorso è all’insegna della varietà, di generi e stili. Ci sono film d’animazione, Hao ji le (Have a Nice Day) del cinese Liu Jian; documentari, Beuys del tedesco Andres Veiel; e opere prime, Wilde Maus (Wild Mouse) dell’austriaco Josef Hader.

Completano il cartellone della competizione: Ana, mon amour di Calin Peter Netzer (Romania); On the Beach at Night Alone di Hong Sangsoo (Sud Corea); Colo di Teresa Villaverde (Portogallo); Félicité di Alain Gomis (Senegal); Helle Nachte (Bright Nights) di Thomas Arslan (Germania/Norvegia); Joaquim di Marcelo Gomes (Brasile); Mr. Long di Sabu (Giappone/Hong Kong); On Body and Soul di Ildikó Enyedi (Ungheria); Una mujer fantastica (A Fantastic Woman) di Sebastian Lelio (Cile).