La mostra Nomi cose e città di Giorgio Ortona, curata da Gabriele Simongini e realizzata in collaborazione con M77 Gallery di Milano è un variegato insieme di grandi vedute urbane, corpi, interni, sacchi di cemento, bassi elettrici, calchi di dentiere.

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Famoso per la sua innegabile passione per le palazzine, quelle romane in particolare, e soprattutto quelle poste fra centro e periferia, l’artista mette in mostra al Macro Testaccio (fino al 15 gennaio) una sorta di vertiginoso censimento di quel visibile metropolitano che costituisce il suo territorio di caccia prediletto. Una specie di ossessione classificatoria che richiama ludicamente, come dice il titolo della mostra, il gioco Nomi cose e città che era tanto in voga qualche decennio fa e che per il nostro artista è anche un irresistibile richiamo all’infanzia.

Il nucleo centrale della mostra si basa su una serie di grandi vedute urbane dedicate alle palazzine romane ed ai cantieri. E nell’allestimento si realizzerà un coinvolgente cortocircuito dimensionale, visto che le opere esposte andranno dal formato cartolina a quello cinemascope.

In una sorta di ideale giro d’Italia e poi del mondo, compaiono anche vedute, edifici e cantieri di Napoli, Palermo, Il Cairo, Kiev, Nuova Delhi, tutti simili e anonimi come immagini di un mondo globalizzato e omologato. È il trionfo di un anonimato quotidiano che rende protagonista solo la pittura, una pittura meticolosa come quella di un pittore antico e fondata essenzialmente sul bisturi analitico e costruttivo del disegno. Ne emerge, come scrive nel suo saggio in catalogo Gabriele Simongini, ”il sublime quotidiano come fatto concreto, con una struttura e uno scheletro, perfino un ritmo. E Giorgio Ortona lo cerca ansiosamente salendo sulle terrazze condominiali con la stessa trepidazione con cui i romantici ascendevano alle vette delle montagne alla ricerca del divino nello spettacolo della natura. A lui, però, agnostico dichiarato, la trascendenza non interessa, pur perseverando nella ricerca di un proprio, personale assoluto che appunto è forma, composizione, struttura, ritmo”.

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