Negli ultimi anni molti giovani si sono sentiti ripetere spesso questa frase: “Al giorno d’oggi il lavoro te lo devi inventare”. Ecco perché – dopo l’esordio con il pluripremiato Il tuffo, in cui il mettersi in gioco e l’affrontare la vita da protagonista, erano i punti cardine – Mario Vitale sceglie di passare allo step successivo: raccontare cosa può succedere lungo il percorso, quali difficoltà si possono incontrare dopo essersi tuffato. Quello su cui riflette è il concetto di “sapersi adattare”, capacità che hanno tutti gli esseri viventi e che si è costretti a sviluppare per riuscire a sopravvivere.
È proprio il sapersi adattare che sta alla base di Al giorno d’oggi il lavoro te lo devi inventare, cortometraggio semifinalista al Los Angeles CineFest. L’idea è quella di raccontare le storie parallele di due uomini agli antipodi che, in modi diametralmente opposti, si adattano alle vicissitudini della vita “inventandosi un lavoro”.
Da un parte c’è Giovanni (Francesco Aiello, foto sopra), dedito completamente al lavoro ma con un passato da artista. Per rimanere a galla, decide di portare avanti la tradizione di famiglia facendo il falegname, consapevole però che quella intrapresa non è la strada che voleva percorrere. Dall’altra ecco Umberto (Fabrizio Ferracane, foto sotto), un uomo d’affari senza scrupoli che, per accrescere i suoi guadagni, estorce denaro a persone disperate. Mentre Giovanni realizza un lavoro commissionato da due insoliti fratelli, Umberto incontra Adele (Sara Andreoli, foto sotto) in una camera d’hotel per ottenere il suo “compenso”. I due uomini non si incontrano mai, neanche per vie traverse, ma le loro vicende sono tenute insieme da un filo comune, un legame esclusivamente ideale e simbolico, come due facce della stessa medaglia.